Aiutano a combattere lo stress, la sedentarietà e l’ansia. Ma, condividendo spazi e stili di vita, gli animali da compagnia – in particolare i cani – hanno anche un ruolo privilegiato come ‘sentinelle’ della salute umana. E questo anche grazie a una convivenza lunga oltre 30mila anni.
A sottolinearlo è un’analisi di Courtney Sexton e Audrey Ruple del Virginia-Maryland College of Veterinary, che su ‘Science’ evidenziano anche la necessità di modernizzare l’approccio della medicina veterinaria. In che modo? Semplice: iniziando a rilevare i dati preziosi che arrivano dagli animali da compagnia e integrandoli con quelli dei loro padroni.
Una lunga convivenza
Gli esseri umani vivono a stretto contatto con cani, ma anche gatti, uccellini o rettili, esponendoli involontariamente a rischi per la salute come malattie respiratorie, tumori e disfunzioni cognitive. Ma per i ricercatori proprio i cani, avendo convissuto con l’uomo per circa 30.000 anni, sono particolarmente utili come sentinelle per la salute umana. La loro vita più breve consentirebbe di osservare gli effetti delle esposizioni ambientali più rapidamente di quanto si potrebbe fare limitandosi agli esseri umani.
Non solo: i determinanti socioeconomici della salute dei cani – compagnia e supporto sociale, accesso alle cure e reddito familiare, per esempio – rispecchiano da vicino quelli degli esseri umani. Sexton e Ruple suggeriscono dunque che il monitoraggio di questi dati realivi ai cani potrebbe servire come strumento utile per valutare la salute dei loro padroni.
Ma se un numero crescente di ricerche supporta la validità di questo approccio, è necessario un sistema in grado di rilevare costantemente i dati dai cani. E questo anche perchè oggi negli studi veterinari si registrano solo le informazioni di base. Gli autori suggeriscono di adottare, invece, quello che potremmo definire un approccio One Health: abbinare i dati degli animali a quelli relativi ai proprietari e collegarli con quelli ambientali geocodificati.
“La medicina veterinaria si sta muovendo verso un’adozione diffusa di modelli che standardizzano la raccolta e la preparazione di cartelle cliniche elettroniche per supportare indagini longitudinali sui rischi e sugli esiti sanitari”, scrivono Sexton e Ruple. “Incorporare le variabili demografiche dei proprietari di cani in questi modelli è fondamentale per sviluppare un’infrastruttura di ricerca One Health, che colmi il divario tra le specie, a beneficio sia delle persone che degli stessi animali da compagnia”. Che in questo modo diventerebbero davvero sentinelle di salute.