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The Conversation

Alessandra Priante

Borghi medievali, spiagge con acque cristalline, città d’arte ricche di opere uniche. L’Italia non a caso è conosciuta come il ‘Bel Paese’ e ogni anno le sue meraviglie naturalistiche, gastronomiche e architettoniche attirano sempre più turisti da tutte le parti del mondo. Continua, infatti, la ripresa di uno degli asset trainanti nel nostro Paese che nel 2023, stando ai dati Isnart (1), ha chiuso l’anno con una quota di occupazione camere media nelle imprese ricettive del 51% e circa 851 milioni di presenze. (2)
Un valore che nel 2024 dovrebbe non solo proseguire ma anche (3)crescere. “È una situazione molto favorevole ma anche in qualche modo sfidante, perché i dati del turismo sono sicuramente dati incredibilmente positivi – non avevamo dubbi infatti che l’Italia si sarebbe riaffermata come una delle mete principali a livello mondiale – ma al contempo si stanno riproponendo alcune sfide importanti alle quali dobbiamo necessariamente reagire”, ci spiega Alessandra Priante, nuovo presidente di Enit Spa e già direttore Europa dello Unwto, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di turismo. “Queste – continua Priante – sono quelle prevalentemente legate alle quantità e al problema delle congestioni. Non voglio usare la solita parola ‘overtourism’, perché per me è abbastanza vuota e rappresenta un modo di sfuggire alle responsabilità, ma definisce una mala gestione dei flussi. Se io non monitoro e non sono nelle condizioni di controllare le conseguenze degli eccessi, vuol dire che non sto avendo un approccio proattivo alla stessa gestione. Sono prove da affrontare con gli strumenti giusti e il ministero del Turismo in particolare, di cui noi siamo il braccio operativo, ha introdotto un insieme di iniziative che vanno nella direzione della destagionalizzazione e del decongestionamento”.

INTERVISTA DI FRANCESCA AZZURRA CONIDI

Cosa si potrebbe fare per incentivare questo tipo di turismo nel nostro Paese?

Una delle principali risposte alla grande domanda è quella di cercare di indirizzare la stessa verso prodotti alternativi – e quindi aree interne, borghi o altri punti di attrazione meno gettonati – e, soprattutto, di farlo al di fuori dei periodi principali di vacanza. Oramai viaggiare è nuovamente una scelta che si può fare senza restrizioni e stanno tornando anche i turisti asiatici (4), per questo siamo fiduciosi sul fatto che riusciremo ad affrontare queste sfide nel modo previsto.

Quale è il percorso che si sta intraprendendo per rendere il settore più sostenibile?

Questo è un altro elemento fondamentale da affrontare, perché la sostenibilità è diventata una conditio sine qua non di cui non dobbiamo tenere conto solo come operatori del turismo o come attori di governance, ma che dobbiamo percepire come una vera e propria linea strategica applicata in tutti i suoi aspetti. È chiaro che la sostenibilità non è mai un’iniziativa singola, perlomeno non solo, ma deve essere un progetto concertato. Ad esempio, rispetto alle strutture ricettive, la sostenibilità ambientale necessariamente deve coinvolgere le municipalità e altri attori. E per raggiungerla serve fare uno sforzo strategico complessivo perché altrimenti ci troveremo in una situazione difficile soprattutto a livello sociale oltre che ambientale.

Come è cambiato il mondo del travel negli ultimi anni?

In Europa la tendenza principale durante la pandemia è stata quella del turismo nazionale e di prossimità. Non si poteva andare da nessuna parte, per cui si prendeva la macchina e ci si dirigeva nelle zone limitrofe alla propria abitazione o leggermente fuori dai confini. E ciò ha sicuramente cambiato il modo di vedere le vacanze, perché in qualche maniera abbiamo iniziato a riscoprire dei luoghi a cui prima non davamo molto peso accorgendoci, oltre al fatto che fossero molto belli, che magari erano anche economicamente più convenienti. In più abbiamo imparato a fare delle vacanze un pochino diverse, più ragionate e inclusive e, spesso, più familiari. Non si dimentichi poi che durante quel periodo è iniziata una tendenza che ora è diventata un vero e proprio segmento di mercato, quella dei cosiddetti nomadi digitali, cioè di quelle persone che hanno, per natura del loro lavoro, la possibilità di svolgere le proprie mansioni in qualsiasi parte del mondo. Un obiettivo, ad esempio, è trovare delle strategie che rendano questi lavoratori dei turisti a lungo termine e che li indirizzino in luoghi che, magari, non sono notoriamente così turistici. Per sviluppare alcune destinazioni si è utilizzato anche questo metodo attrattivo e i cambiamenti sono stati veramente evidenti.

I concorrenti nel Mediterraneo europeo hanno già recuperato i livelli pre-pandemia. Noi siamo indietro, come mai?

Noi diamo tanto peso alle classifiche… che sono anche un eccellente strumento di marketing, però io non considero i livelli pre-pandemia dei punti di riferimento a cui guardare in maniera spasmodica, perché in quel periodo noi eravamo tutti a gridare all’eccesso del turismo, alla congestione, al problema dell’illegalità, al discorso degli affitti brevi incontrollati. Ora la Spagna sta facendo una serie di iniziative per “limitare” i flussi turistici al suo interno. Io trovo che l’Italia sia ripartita con il piede giusto. Il nostro Paese sta effettuando delle scelte, in alcuni casi anche difficili e che richiedono tempo, perché non sono mai state fatte prima e hanno degli obiettivi specifici. Se dobbiamo sviluppare un borgo piuttosto che un’area interna, ad esempio, non dobbiamo congestionarlo. Svilupparlo vuol dire far crescere un prodotto piano piano. E poi stiamo ospitando alcune delle manifestazioni mondiali più importanti. Io, sinceramente, “l’indietro” non lo vedo…

Abbiamo però il problema del caro prezzi nelle offerte turistiche…

Questo sì. Nel turismo ha un peso chi voglio attrarre. Capisco e comprendo anche che l’offerta abbia bisogno di ripianare i propri debiti e recuperare il cachet perduto negli anni passati però la verità è un’altra. La verità è che noi dobbiamo guardare a una versione duratura dei flussi che ci consenta di studiare il mercato, di adattare l’offerta, di dare dei servizi aggiuntivi e, soprattutto, di fidelizzare in qualche modo chi arriva. Ad esempio, se lo stesso americano che è venuto a passare le vacanze in Italia scopre una destinazione simile in Albania, che notoriamente ha dei prezzi inferiori, l’anno prossimo non tornerà nel nostro Paese. In questo mi spiace essere, diciamo, secca e capisco il desiderio di ritornare a un break even (5) del settore. Però è importante garantire continuità, perché la continuità è quella che consente di crescere non solo nel profitto ma anche di assumere persone. Il problema centrale, infatti, non sono i profitti ma il fatto che abbiamo perduto forza lavoro in maniera sostanziale.

E cosa si sta facendo in questa direzione?

In tal senso il ministero sta facendo tutta una serie di iniziative volte alla professionalizzazione e, dunque, al recupero delle risorse, in qualche modo incrementando la qualità dei loro contributi. Non possiamo immaginare un’offerta turistica duratura senza il personale, perché il turismo è un settore dove il fattore umano gioca un peso enorme. La prima persona che incontri quando atterri in aeroporto, il tassista corretto, la gentilezza del cameriere sono tutti fattori che dobbiamo assolutamente considerare in maniera consapevole. Quindi se in parte il caro prezzi è giustificato da un punto di vista imprenditoriale, deve essere gestito in maniera intelligente. Inoltre, il problema non è tanto quello dell’offerta turistica quanto quello aereo. Le compagnie aeree hanno delle tariffe di voli anche a corto raggio che sono incomprensibili, ingiuste e pesano moltissimo nel paniere dell’acquisto della singola vacanza.

Come si interfaccia il mondo dell’intelligenza artificiale con il settore e quali sono i rischi che nasconde?

Io trovo che l’AI sia utilissima. Sono tutti complementi alla nostra intelligenza, alla conoscenza dell’offerta, alla crescita della qualità dell’esperienza. Ovviamente questi strumenti devono essere ben utilizzati e in qualche modo essere produttivi. Nell’offerta turistica, e in particolare nelle iniziative di marketing o nell’analisi dei dati, l’AI è diventata ad oggi fondamentale.

 

 

TRA LE RIGHE

(1)  La stagione si allunga: Le Camere di Commercio per il Turismo e la Cultura segnalano per il 2023 un allungamento della stagione con 10 camere in più vendute a giugno, settembre, ottobre e anche un novembre positivo dovuto al bel tempo e ai ponti.

(2)  I numeri del 2023: Da gennaio a novembre 2023 si registrano oltre 118 milioni di arrivi turistici in Italia nelle strutture ricettive di cui 60,5 milioni di turisti stranieri e 57,8 milioni di turisti italiani.

(3)  Le prospettive per l’anno in corso: L’inizio del 2024 è promettente, con un’occupazione delle camere al 40% nei primi 4 mesi dell’anno.

(4)  I turisti asiatici: I ritmi di ripresa dell’Asia subiranno un’accelerazione nel 2024, come prevede l’Organizzazione mondiale del turismo. La Unwto stima che il settore dei viaggi quest’anno recupererà completamente i livelli pre-pandemici, con una crescita del 2% a livello mondiale.

(5) Parole chiave: Dall’inglese (to) break even ‘pareggiare i conti, chiudere in pareggio’.

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