Verso la Luna e oltre. Space X, la società di Elon Musk che vuole accompagnare gli esseri umani nell’esplorazione dello spazio, ha realizzato, ieri, il quarto test del più grande razzo mai costruito. Il nome è Starship, un colosso di 122 metri presentato, un paio di anni fa, dallo stesso tycoon, come lo strumento perfetto per trasformare donne e uomini in una specie “multiplanetaria”. Composto dalla navicella Starship SN20 e dal booster Super Heavy, è pensato non solo per essere riutilizzabile ma per esserlo velocemente: nel giro di 6/8 ore dall’arrivo, dovrebbe essere pronto a ripartire per lo spazio.
Devi avere una fantasia enorme, e un pizzico di follia, per immaginare di trasferire, un giorno, il genere umano su un altro pianeta, ma Elon Musk, si sa, è capace di un’immaginazione smisurata e non teme le sfide. Il tycoon, ormai vate mondiale del pensiero conservatore, fa parlare di sé come quegli esseri geniali che non cercano la notorietà ma diventano popolari loro malgrado, perché scrivono una pagina di storia. Come fosse un’impresa normale, da comuni mortali, Musk, con i sistemi satellitari di Starlink, fornisce un supporto fondamentale alle difese militari ucraine, poi porta Internet in Amazzonia a una tribù che, dopo secoli di isolamento, finisce irretita, quasi ipnotizzata, dagli schermi degli smartphone (“Sono tutti lì, concentrati sui telefonini. Sono diventati pigri. Non parlano, non lavorano, non si muovono. Sono come imbambolati”, ha raccontato una donna locale al New York Times).
Intanto Twitter, ribattezzata X da Musk, ha aggiornato le linee guida al fine di consentire la diffusione del porno “consensuale”, in quanto “forma legittima di espressione artistica”, a patto che gli utenti siano avvisati prima di imbattersi in certi nudi. Musk, in fondo, è un visionario di stampo libertario, allergico alla censura dei social network, preoccupato dai tassi di natalità prossimi allo zero che mettono a repentaglio la perpetuazione della civiltà occidentale. “Cari italiani, fate più figli”, è il messaggio che ha mandato forte e chiaro anche in occasione dei suoi ultimi viaggi romani, dove incontra volentieri il premier Giorgia Meloni e Papa Francesco, proprio lui che di figli ne ha undici (non tutti concepiti per via naturale).
Musk è anche l’innovatore in grado di incarnare, come pochi altri, la massima di Winston Churchill: success is not final, failure is not fatal. Nessun fallimento è fatale, se hai la capacità di trasformare una crisi in opportunità di rinascita. L’esperienza spaziale di Musk è esemplificativa al riguardo: lui è determinato ad arrivare su Marte, con la Nasa ha lanciato la missione Artemis per tornare sulla Luna entro il 2026, intanto, però, i primi tre tentativi di lancio del megarazzo Starship hanno registrato diverse falle, tra gli sguardi frustrati degli ingegneri.
Il primo test, nell’aprile 2023, si interrompe dopo soli quattro minuti poiché i due stadi del razzo non si separano. Al secondo tentativo, novembre 2023, la separazione riesce e il volo dura otto minuti. A marzo 2024 il terzo test, durato cinquanta minuti, è un mezzo fallimento perché si conclude con la rottura della navicella Starship al rientro nell’atmosfera terrestre. Stavolta invece, al quarto tentativo, il rientro in atmosfera ha funzionato. A tre minuti dal lancio, il booster si è correttamente staccato dalla navicella per iniziare la discesa. Poi il distacco del primo stadio, chiamato “hot stage” per ridurre la massa. Infine l’ammaraggio, nel golfo del Messico. La navicella ha invece proseguito il suo percorso per arrivare in orbita, e poi ha effettuato il suo rientro nell’Oceano Indiano, un’ora dopo il lancio. Mission accomplished. Musk sarà soddisfatto? Ne dubitiamo: per quelli come lui non esiste un punto d’arrivo.
