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Crisi climatica, la soluzione dei super ricchi

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Che investano in industrie ad alte emissioni o si spostino con i loro jet privati, i super-ricchi sono tra i maggiori inquinatori del mondo. Contemporaneamente, alcune delle persone più influenti nel guidare le politiche climatiche sono proprio quelle più abbienti.

A un certo punto, i miliardari dovranno essere ritenuti responsabili della crisi climatica, e questo potrebbe significare pagare per affrontarla, afferma Laurence Tubiana (nella foto in evidenza), economista francese e tra le principali artefici dell’Accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici. È anche Ceo dell’organizzazione filantropica European Climate Foundation.

L’1% più ricco è stato responsabile della stessa quantità di emissioni di carbonio nel 2019 di quasi il 65% dei più poveri del mondo, secondo uno studio di Oxfam International dello scorso anno. I miliardari hanno contribuito un milione di volte di più alle emissioni rispetto alla media.

Statistiche del genere giustificano un’azione più drastica da parte degli ultra-ricchi, sostiene Tubiana.

“Questa disuguaglianza è vera non solo tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, ma all’interno di ogni paese. L’1% dei cinesi ricchi, o l’1% degli indiani molto ricchi, o i cittadini statunitensi hanno uno stile di vita che è molto, molto simile, in termini di consumo eccessivo”, ha detto al Guardian.

La questione di ritenere i ricchi responsabili delle loro emissioni ha dominato a lungo il dibattito sul clima. “È legittimo parlare di tassazione, con gli immensi elementi dell’impatto climatico e la necessità di mobilitare più finanziamenti per rispondere alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e all’adattamento agli impatti delle condizioni meteorologiche estreme”, ha detto Tubiana.

Una lotta contro il tempo

La decarbonizzazione è un’impresa incredibilmente costosa che richiederà molti anni. La Francia ha previsto che una transizione verso l’azzeramento delle emissioni nette le costerebbe 66 mld di euro all’anno, con alcuni che suggeriscono un’imposta patrimoniale per raccogliere i fondi necessari. Altri governi, come l’amministrazione Biden degli Stati Uniti, hanno proposto idee simili.

Mentre, in teoria, ha senso tassare coloro che hanno più soldi – e le maggiori impronte di carbonio – alcuni ribattono che le tasse sulla ricchezza possono avere un effetto destabilizzante (perché i ricchi se ne vanno), soffocare la crescita a lungo termine necessaria per pagare la transizione (perché investire se non si vede una ricompensa?). Inoltre, semplicemente, il risultato potrebbe essere scarso, e si riuscirebbe a raccogliere poco denaro: più sei ricco, migliori sono i tuoi commercialisti.

Sono state proposte diverse alternative, tra cui una tassa sui frequent flyer rivolta ai ricchi, che non solo viaggiano di più, ma usano anche chiaramente in modo sproporzionato jet privati e voli di prima classe. Anche in questo caso, però, non è semplice.

Il vertice COP29 di quest’anno potrebbe contribuire a portare avanti la conversazione su come raccogliere i fondi necessari per gli sforzi legati al clima. Nel frattempo, non ci resta che attendere passi concreti per combattere il cambiamento climatico, che si tratti o meno di jet privati.

Questa storia è stata originariamente pubblicata su Fortune.com

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