Mentre ci si interroga sulle strategie per contrastare il calo della natalità, iscrivere un bimbo al nido in Italia è diventata una missione impossibile. Colpiscono i numeri pubblicati oggi sulla ‘Stampa’: tra asili nido pubblici e privati c’è posto solo per 3 bambini su dieci a livello nazionale, con fortissime differenze territoriali. E un forte ritardo al Sud. Insomma, oggi il 70% resta fuori. E questo a fronte di un obiettivo europeo del 45% per l’offerta di posti sul totale dei bimbi sotto i 3 anni.
Eppure i servizi educativi per la prima infanzia aiutano i genitori, e in particolare le madri, a conciliare un’occupazione remunerata con le responsabilità di cura. E sostengono lo sviluppo delle capacità di tutti i bambini e le bambine, riducendo le disuguaglianze e ponendo le basi per la crescita di cittadini, lavoratori e lavoratrici competenti, come sostiene la Dichiarazione de La Hulpe sul “Futuro dell’Europa Sociale”, adottata il 16 aprile dai ministri degli Affari sociali europei, dal Parlamento e dalla Commissione europea”, si legge sul quotidiano.
Mentre “la scuola dell’infanzia in Italia è vicina ad essere un servizio universale, anche se con qualche difformità a livello territoriale (nel Mezzogiorno non sempre c’è la mensa e talvolta l’orario è solo a tempo parziale), per i nidi le cose vanno diversamente”. Oltretutto i nidi mancano proprio là dove la diffusione della povertà minorile rende più probabile anche la diffusione della povertà educativa.
E se il Pnrr – a fronte di un investimento previsto pari a 3,2 mld di euro – avrebbe dovuto iniziare ad ampliare la copertura e a ridurne le differenze territoriali, su questo fronte l’obiettivo “rischia di non essere raggiunto, tra riduzione dei posti previsti, ricorso ai bandi che lasciano l’iniziativa ai Comuni, come se non si trattasse di garantire un diritto dei bambini, incertezza sui fondi per la loro gestione a regime (acuita dai previsti tagli alla spesa corrente dei comuni)”. Infine, se anche si riuscisse a colmare il gap, resta il nodo degli insegnanti: non c’è un numero sufficiente di educatrici/educatori in possesso della laurea triennale richiesta.
