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Ricerca e studi clinici, quanto valgono gli investimenti in Italia

ricerca pharma

In Italia le imprese farmaceutiche investono ogni anno più di 700 milioni di euro negli studi clinici. In questo modo i cittadini possono accedere alle terapie innovative e, allo stesso tempo, a crescere è l’intero comparto della ricerca in sanità. A sottolinearlo è Marcello Cattani, presidente di Farmindustria. “Il cuore dell’industria farmaceutica è la ricerca. E il cuore della ricerca sono gli studi clinici”, dice il numero uno dell’associazione degli industriali del farmaco in occasione dell’International Clinical Trials Day.

Qualche numero

Secondo l’ultimo Rapporto sulla sperimentazione clinica dei medicinali dell’Aifa dal 2000 al 2022 oltre 15.400 sperimentazioni cliniche sono state autorizzate nel nostro Paese, attrattivo grazie ai suoi talenti, ma anche alla qualità di Centri di Ricerca, Ospedali, Università, e alla collaborazione pubblico-privato. Non solo. Occorre tener conto anche del beneficio ‘indiretto’ di queste somme per la sanità pubblica, pari a “oltre 3 euro per ogni euro investito dalle aziende negli studi clinici” (fonte Altems).

Le criticità

C’è però la questione dell’accesso ai frutti della ricerca. Pensiamo al caso dei tumori: i pazienti italiani vivono una condizione penalizzante rispetto all’accesso alle nuove terapie. In Ue, ha ricordato di recente proprio Farmindustria, tra il 2019 e il 2022 sono stati approvati 48 farmaci antitumorali, ma in Germania ne sono disponibili 46, mentre in Italia solo 40. Con tempi medi di accesso di circa 14 mesi, a fronte dei 3,1 proprio della Germania. Insomma, per accedere ai medicinali nel nostro Paese passano in media 436 giorni. Troppi, lamentano pazienti e aziende del pharma. Della questione si occupa il neonato  tavolo tecnico, istituito in Aifa (Agenzia italiana del farmaco), per semplificare le procedure, con l’obiettivo di dimezzare i tempi per l’accesso ai nuovi farmaci in Italia.

Farmaci, il tavolo per dimezzare i tempi di accesso e il caso antibiotici

Il quadro regolatorio

A giocare contro il nostro Paese (ma non solo) sul fronte della ricerca è, poi, il tema delle regole. Una questione che sta danneggiando in realtà tutta l’Europa, secondo Farmindustria. Ecco perchè le imprese chiedono un quadro regolatorio competitivo, capace di adeguarsi in fretta attraverso procedure flessibili e snelle. “Una strada obbligata che l’Ue deve imboccare, con un cambio di approccio sostanziale che consideri davvero la salute un investimento strategico e abbandoni logiche anti-industriali. Ed è il solo modo che ha per riconquistare un ruolo chiave a livello globale e stare al passo con i grandi competitor internazionali: Stati Uniti, Cina, India, Singapore e Paesi Arabi”, afferma Cattani.

E qui torniamo alla questione dei brevetti. “Nel mondo saranno investiti in ricerca e sviluppo 1.700 miliardi di dollari tra il 2023 e il 2028; minare alla base la proprietà intellettuale, come è previsto dalla revisione della legislazione farmaceutica, nega all’Europa un futuro nella ricerca farmaceutica e nelle Life Sciences”, dicono con forza da Farmindustria.

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