Con 370 voti a favore, 199 contrari e 46 astenuti, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sulle case green, per perseguire un ambizioso obiettivo di sostenibilità: un parco immobiliare europeo a emissioni zero entro il 2050.
La nuova normativa
Secondo la normativa, tutti gli edifici residenziali di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030. Una scadenza che è invece fissata al 2028 per gli edifici nuovi di proprietà pubblica. Gli Stati membri sono inoltre tenuti a ristrutturare entro il 2030 almeno il 16% degli edifici pubblici – da selezionare fra quelli con le peggiori prestazioni – una percentuale che dovrà salire al 26% entro il 2033. Inoltre, andranno progressivamente installati pannelli solari negli edifici pubblici e non residenziali. Le caldaie a combustibili fossili andranno abbandonate in maniera definitiva entro il 2040. Restano esclusi dalla normativa edifici agricoli, storici e militari.
La direttiva sull’efficienza energetica degli edifici ha dovuto affrontare un iter complesso ed è stata oggetto di intensi negoziati fra Paesi membri e istituzioni comunitarie. Quella arrivata in aula è infatti una versione ammorbidita, con vincoli meno stringenti rispetto alle intenzioni iniziali della Commissione. Hanno comunque votato contro i partiti di governo, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Adesso il testo dovrà essere adottato anche dal Consiglio Ue. Andrà quindi recepita dagli Stati membri a livello ministeriale; poi la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e l’entrata in vigore entro i successivi venti giorni.
Lo stato dell’edilizia italiana
Ma qual è oggi lo stato dell’arte dell’edilizia italiana? Secondo l’Istat, l’82% degli edifici è ad uso residenziale (ossia 12 milioni su un totale di 14,5). Secondo Enea inoltre, quasi il 60% ha un’età media di 59 anni e quasi la metà degli edifici residenziali appartiene a una delle più basse classi energetiche (G o E). Il resto dell’Europa non se la passa tanto meglio in fatto di classi energetiche: quasi il 60% delle abitazioni, stando ai calcoli dell’Ue, necessiterà di interventi di ristrutturazione da qui al 2050. Le case già efficienti – in linea con i nuovi requisiti – rappresentano appena un quarto del totale.
La reazione di Confedilizia
“La nuova direttiva è sicuramente più accettabile rispetto alla proposta iniziale”, chiarisce a Fortune Italia il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa. “Quel testo prevedeva l’obbligo di intervenire sugli immobili entro determinate scadenze per l’efficientamento energetico e il passaggio di classe energetica, con gravose ripercussioni per i proprietari di casa. Adesso invece ci sono delle prescrizioni nei confronti degli Stati – prosegue il presidente – a cui si richiede di ridurre il consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale. E spetterà ai singoli governi capire come attuare queste disposizioni”.
Riguardo al possibile impatto della normativa sul mercato immobiliare italiano Testa non si sbilancia: “La direttiva lascia ampia discrezionalità agli Stati e dunque al momento è quasi impossibile prevedere cosa accadrà. Peraltro, i tre partiti italiani di maggioranza hanno votato contro. Ci aspettiamo allora che con l’inizio della nuova legislatura europea, possano lavorare nei rispettivi gruppi parlamentari per modificare ulteriormente la direttiva”.

I costi
Secondo le previsioni della Commissione europea, saranno necessari investimenti annui per 275 mld di euro entro il 2030 per la svolta energetica del parco immobiliare: 152 mld in più rispetto alle risorse attualmente stanziate. Non saranno erogati finanziamenti ad hoc, ma i Paesi potranno attingere ai fondi Ue per sostenere gli interventi: Recovery Fund, Fondo sociale per il clima e Fondi di sviluppo regionale.
Il Piano nazionale di ristrutturazione
Dal momento dell’entrata in vigore, ai 27 Paesi membri saranno concessi due anni di tempo per adeguarsi alla direttiva, e ogni Paese dovrà presentare a Bruxelles un piano nazionale di ristrutturazione, contenente una vera e propria tabella di marcia che dovrà indicare come il Paese intende procedere per raggiungere gli obiettivi richiesti. Il piano – da approvare entro il 2026 -andrà aggiornato ogni 5 anni.