Sono lontani i tempi del ‘Matrimonio all’Italiana’, quando le donne si sposavano per lasciare la famiglia d’origine e le unioni duravano una vita intera. Oggi l’amore è eterno finché dura, ma sono comunque in crescita le coppie che scelgono di ‘dirsi di sì’, in prime o seconde nozze, con rito religioso o civile. L’età dei nubendi cresce, e aumentano le unioni fra partner dello stesso sesso. E’ quanto emerge dall’ultimo report Istat su matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi.
Un fenomeno congiunturale
Cresce il numero dei matrimoni nel 2022, con 189.140 celebrazioni, +4,8% rispetto al 2021 ma anche in ripresa rispetto al pre-pandemia: +2,7% sul 2019.
Le previsioni del 2023 raccontano, però, di una nuova diminuzione a conferma dell’andamento altalenante del fenomeno matrimoni, legato a eventi di tipo congiunturale. Ad esempio nel 2000 ci fu un aumento notevole dovuto alla volontà di celebrare le nozze all’inizio del nuovo millennio.
Nel 2009-2011 si registrò invece un forte calo, forse accentuato dal crollo delle nozze dei cittadini stranieri a seguito delle norme che furono introdotte per limitare i matrimoni di comodo e finalizzati all’ottenimento della cittadinanza. Fu di sicuro rilevante anche l’impatto della crisi economica del 2008 e l’instabilità che ne conseguì.

Più di recente, nel 2020 si è assistito a un dimezzamento del numero dei matrimoni per effetto della pandemia da Covid-19 e delle misure di contenimento della stessa.
Guardando alle tendenze sul lungo periodo, vedremo come il ridimensionamento della nuzialità si osserva in Italia da oltre quarant’anni.
Matrimonio o convivenza?
Sulla base dei dati dell’Indagine ‘Famiglie e soggetti sociali (2016)’, gli uomini nati tra il 1982 e il 1986 preferiscono la convivenza more uxorio (22,5%) rispetto al matrimonio (21,8%). Il dato che riguarda le donne della stessa generazione parla ancora di un importante 40% che sceglie il matrimonio rispetto alla convivenza, ma la percentuale si abbassa di generazione in generazione.
Il dato cambia anche su base territoriale: nel 2022 il Centro e il Nord Italia registrano una variazione positiva più consistente, dove il 14,2% sceglie la convivenza contro il 10,5% del matrimonio.
L’amore è eterno…
Dimezzati per effetto della pandemia, nel 2022 i matrimoni tornano a livello del 2019: sono stati infatti 146.222 nel 2022. Il dato risente della diffusione delle libere unioni, le così dette convivenze more uxorio, che sono più che triplicate fra il 2000-2001 e il biennio 2021-2022, passando da circa 440mila a più di 1 milione e 500mila.
Incide anche il dato demografico: la bassa fecondità, che dalla metà degli anni Settanta si è sempre mantenuta ben sotto il livello di sostituzione, sta producendo un effetto strutturale negativo sui matrimoni. Ci sono meno persone in età da matrimonio e anche a parità di propensione a sposarsi, cala il numero assoluto di nozze celebrate.
… ma non troppo
Le seconde nozze sono sempre più diffuse. A partire dal biennio 2015-2016, con l’introduzione del ‘divorzio breve’, ha fatto seguito una progressiva stabilizzazione che si è protratta fino al 2019.
Nel 2022 le nozze ‘successive’ sono state 42.918, il valore fra i più alti di sempre, pari al 22,7% del totale dei matrimoni. Solo nel 2020 c’era stata una incidenza maggiore, pari al 28,0%, conseguenza di una congiuntura che fece contrarre in modo più deciso i primi matrimoni e, all’interno di questi ultimi, quelli religiosi. L’aumento delle seconde nozze è del 12,9% rispetto al 2021, del 13,1% rispetto al 2019. La tendenza all’aumento, quindi, appare confermata mentre gli effetti congiunturali della pandemia risulterebbero superati. I matrimoni successivi al primo sono più diffusi nei territori in cui si registrano tassi di divorzio più elevati, ovvero nelle regioni del Centro-nord.
La regione con il maggior numero di nubendi bis, con almeno un componente divorziato da nozze precedenti, è la Liguria (34,5%) seguita da Friuli-Venezia Giulia (32,6%), Valle d’Aosta (32,1%). In coda alla classifica si piazzano la Basilicata (9,5%) e la Calabria (10,9%).
Nozze miste
In crescita anche i matrimoni con almeno uno sposo straniero. Nel 2022 sono state celebrate 29.574 nozze con almeno uno sposo non italiano, sono il 15,6% del totale dei matrimoni e sono in aumento del 21,3% rispetto all’anno precedente. Fenomeno più diffuso al Nord e al Centro, dove un matrimonio su cinque riguarda almeno uno sposo straniero, con in testa la provincia autonoma di Bolzano/Bozen (27,9%) e la Toscana (23,0%). Anche qui in controtendenza il Mezzogiorno questa tipologia di matrimoni è pari all’8,9%.

Quasi i tre quarti dei matrimoni misti riguardano coppie con sposo italiano e sposa straniera – 15.138, l’8,0% delle celebrazioni a livello nazionale nel 2022 – che sono rumene nel 18,9% dei casi, ucraine nel 10,2% e russe nel 6,9%. Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono 5.540 – il 2,9% del totale delle spose – ed hanno sposato prevalentemente uomini di nazionalità marocchina (12,6%) o albanese (8,5%).
Wedding Location
L’Italia è sempre stata fra i paesi preferiti dagli stranieri – spesso altospendenti – che scelgono di coronare il loro sogno d’amore all’estero. Il ‘Turismo matrimoniale’ è infatti in ripresa, pur se ancora non ai livelli pre-pandemia. Nel 2022 si sono celebrate 3.754 nozze tra sposi entrambi stranieri e non residenti. Il dato è più che raddoppiato rispetto al 2021 ma ancora distante dai livelli pre-pandemia (-8,3% rispetto al 2019). A causa di Covid, infatti, dal 2020 questa tipologia di nozze ha subito una consistente flessione a causa delle restrizioni imposte alla mobilità internazionale, passando dai 4.094 del 2019 ai 918 del 2020 (-77,6%); la ripresa è iniziata già nel 2021, con 1.574 cerimonie, consolidatasi poi nel 2022.
Vince il rito civile
Il rito civile è chiaramente più diffuso nelle seconde nozze (95,0%), essendo in molti casi una scelta obbligata, e nei matrimoni con almeno uno sposo straniero (90,3% contro il 50,1% dei matrimoni di sposi entrambi italiani). La scelta del rito civile va però diffondendosi sempre di più anche tra i primi matrimoni (45,1% nel 2022).
Nel 2022 il 56,4% del totale dei matrimoni è stato celebrato con rito civile, in continuità con il valore dell’anno precedente (54,1%) e in linea con l’aumento tendenziale osservato negli anni pre-pandemici, con il 52,6% del 2019. La quota particolarmente elevata di matrimoni civili osservata nel 2020 (71,1%) ha costituito quindi un’eccezione, determinata dalle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria che hanno colpito soprattutto le celebrazioni con rito religioso.
Si riscontrano incidenze di celebrazioni con rito civile più basse nel Mezzogiorno (23,4%) e più alte nel Centro (49,3%).
Ci si sposa più tardi
Il mutamento nei modelli culturali, nonché l’effetto di molteplici fattori quali l’aumento diffuso della scolarizzazione e l’allungamento dei tempi formativi, le difficoltà nell’ingresso nel mondo del lavoro e la condizione di precarietà del lavoro stesso hanno comportato, negli anni, una progressiva posticipazione del calendario di uscita dalla famiglia di origine. La quota di giovani che resta nella famiglia di origine fino alla soglia dei 35 anni è pari al 61,2%, quasi tre punti percentuali in più in meno di 20 anni.
Questo comporta anche un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze, che si amplifica nei periodi di congiuntura economica sfavorevole spingendo i giovani a ritardare ulteriormente, rispetto alle generazioni precedenti, le tappe dei percorsi verso la vita adulta, tra cui quella della formazione di una famiglia. Sul posticipo del primo matrimonio, inoltre, incide anche la diffusione delle convivenze prematrimoniali.
In generale, però, la propensione a sposarsi tra i più giovani tende a diminuire e scende, rispetto al 2021, del 0,3% e del 0,6% rispettivamente per uomini e donne sotto i 30 anni di età. Dai 30 anni in sù si registra un recupero dell’1,2% e del 2,0%. A livello aggregato, la tendenza al rinvio porta l’età media alle prime nozze a 34,6 anni per gli uomini (+0,3%) e a 32,5 anni per le donne (+0,4%).
E’ nelle unioni civili che si registra il numero più elevato di sposi ‘over’. Fino al 2019 gli uniti civilmente hanno evidenziato una struttura per età in progressivo ‘ringiovanimento’ rispetto al 2016-2017, quando le coppie avevano un profilo più maturo, con un’età media superiore ai 49 anni per gli uomini e intorno ai 46 anni per le donne. Negli anni a seguire si è registrato un progressivo ringiovanimento, nel 2019 l’età media degli uomini era di 44,5 anni, delle donne di 39,6.
Nell’anno della pandemia, tuttavia, l’età media all’unione civile è cresciuta in misura eccezionale: 47,2 anni per gli uomini (quasi 3 anni in più) e 41,8 per le donne (oltre 2 anni in più). Nel 2022 si è registrato un nuovo trend di ringiovanimento, che fa scendere l’età media all’unione a 45,9 anni tra gli uomini e a 38,6 anni tra le donne.
Unioni civili in aumento
Le 2.813 unioni civili tra coppie dello stesso sesso costituite presso gli uffici di stato civile dei Comuni italiani nel 2022, mostrano un apprezzabile aumento rispetto all’anno precedente (+31,0%) e un sostanziale incremento anche rispetto al 2019 (+22,5%). Considerando i dati provvisori dei primi otto mesi del 2023 la tendenza all’aumento appare confermata se confrontata con i dati dello stesso periodo del 2022 (circa il 10% in più). Il 35,7% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro (26,3%). Tra le regioni, in testa si posiziona la Lombardia con il 22,8%; seguono il Lazio (13,7%) e l’Emilia-Romagna (9,9%).

Dal 5 giugno 2016 in Italia è entrata in vigore la legge che ha introdotto l’unione civile tra persone dello stesso sesso. Questo ha portato, già nel secondo semestre 2016, alla celebrazione di 2.336 unioni civili, visto il numero di coppie da tempo in attesa di ufficializzare il proprio legame affettivo. Al boom iniziale ha fatto poi seguito una progressiva stabilizzazione, anche accentuata dalle difficoltà legate al periodo della pandemia.
Si conferma anche nel 2022 la prevalenza di unioni tra uomini (1.594 unioni, il 56,7% del totale), stabili rispetto all’anno precedente (57,0%). La ripartizione con la più alta incidenza delle unioni tra uomini è il Nord-ovest (57,9%) mentre quella con la quota più bassa è il Sud (51,4%). Oggi più di un quarto delle unioni si sono costituite nel complesso dei 12 grandi comuni. In testa si trova il comune di Roma (con l’8,6%), seguito da quello di Milano (5,9%).
Le unioni civili con almeno un partner straniero sono il 17,3%; nel Centro si attestano al 20,5% mentre nel Mezzogiorno sono il 15% circa.
Il giorno preferito
Il 45,3% di nozze e unioni civili del 2022 sono state celebrate di sabato, preferenza particolarmente accentuata nel caso dei matrimoni religiosi (50,8%) mentre per le unioni civili è del 38,4%.
‘Di venere e di marte non si sposa e non si parte’. E l’adagio trova conferma nei fatti: il giorno meno opzionato è il martedì, che vede celebrati solo il 4,0% dei matrimoni religiosi e il 6,3% di quelli civili. Il giorno della settimana, invece, in cui si sono costituite meno unioni civili è la domenica (6,3%), seguita dal lunedì (7,5%). La preferenza è legata a valutazioni di ordine organizzativo ed economico: da una parte, alla necessità di decidere in largo anticipo la data per opzionare luoghi di celebrazione e di festeggiamento più ‘gettonati’, e dall’altra quella di scegliere giorni meno richiesti per trovare posto più a ridosso dell’evento e magari usufruire di agevolazioni in termini economici.
La stagionalità dei matrimoni è comunque da sempre legata al calendario del lavoro e delle festività religiose. Soprattutto nelle aree rurali il calendario seguiva il ciclo naturale dei lavori agricoli con un calo dei matrimoni in corrispondenza dell’attività stagionale agricola, soprattutto nei periodi estivi di raccolta dei prodotti. Ora l’andamento delle ferie estive e scolastiche sembra, invece, rappresentare un elemento centrale nella stagionalità del matrimonio o l’unione civile.
I picchi sono a inizio settembre – che poi degrada lentamente fino a ottobre inoltrato – e nella seconda metà di giugno, al culmine di un periodo più ampio che va da fine aprile a fine luglio.
Le quattro date del 2022 in cui ci si è sposati e uniti di più sono, in graduatoria decrescente: 10 settembre, 3 settembre, 25 giugno e 18 giugno, tutte di sabato. Per le unioni civili la data più opzionata è stata sabato 11 giugno, seguita dal 10 settembre, 18 giugno e 25 giugno.
La fine di un amore
Nel 2022 le separazioni sono state complessivamente 89.907 (-8,2% rispetto all’anno precedente), mentre i divorzi sono stati 82.596, stabili rispetto all’anno precedente (-0,7%) e il 16,6% in meno nel confronto con il 2016, anno in cui sono stati finora i più numerosi (99.071).
Il trend dei divorzi è stato sempre crescente dal 1970, anno di introduzione del divorzio nell’ordinamento italiano, fino al 2015, quando subì una forte impennata (+57,5%) in relazione all’entrata in vigore di due importanti leggi: il Decreto legge 132/2014, che ha introdotto le procedure consensuali extragiudiziali, quindi presso gli Uffici di Stato Civile o tramite negoziazioni assistite da avvocati senza più il ricorso ai Tribunali, e soprattutto la Legge 55/2015, il ‘divorzio breve’ che ha ridotto l’intervallo di tempo tra separazione e divorzio, 12 mesi per le separazioni giudiziali e sei mesi per quelle consensuali.

L’andamento fino al 2019 si è mantenuto stabile con piccole oscillazioni. Nel 2020 per effetto delle chiusure degli uffici, c’è stato un rallentamento con ricadute sui procedimenti di separazione o divorzio avviati negli anni precedenti. Se poi nel 2021 i livelli sono tornati a quelli pre-pandemici, nel 2022 si è notato un ridimensionamento (-10,5%) della componente consensuale delle separazioni. L’83,3% si è concluso consensualmente, tornando ai livelli del biennio 2015-2016, in calo rispetto agli ultimi anni in cui si erano osservate quote pari o superiori all’85%. Le separazioni giudiziali, caratterizzate da una maggiore durata dei procedimenti, mostrano un trend di aumento più diluito nel tempo (+27,8% considerando l’aumento del 2022 rispetto al 2020), mentre per le separazioni consensuali in Tribunale, un aumento consistente era stato già registrato nel 2021 (+29,0% rispetto all’anno precedente). Nel 2022 una separazione su quattro e il 28,9% dei divorzi si sono conclusi con procedure extragiudiziali.