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Fibrosi cistica, obiettivo ‘navicelle’ smart per terapia genica

Dna

Crispr-Cas, ma non solo. Se è vero che con la tecnica “taglia e cuci” del Dna si può aspirare a correggere all’origine il difetto genetico che causa una determinata patologia, la sfida per ottimizzare questo trattamento non si ferma. Le “forbici genetiche” insomma, possono non bastare. E rappresentano solo una parte della possibile soluzione di una patologia “scritta” nel Dna. Perché bisogna fare in modo che la tecnologia consenta di far giungere il gene mutato, pronto ad integrarsi con il patrimonio genetico della persona malata, esattamente là dove serve.

Ci vuole la ricerca. Anche e soprattutto per dare una risposta ai malati di fibrosi cistica che ancora non possono avere come soluzione i farmaci disponibili, i modulatori della proteina CFTR, attivi solo su alcune mutazioni. Così oggi in Italia quasi un paziente su tre non trova risposta con i trattamenti attuali.

Siamo quindi di fronte ad un “medical need” che deve avere una soluzione. Bastano queste poche righe per comprendere quanto sia un impegno gravoso quello che si assume il nuovo progetto strategico di FFC Ricerca. L’iniziativa scientifica si chiama GenDel-CF (Tackling GENe DELivery in lungs for the treatment of Cystic Fibrosis) e diventa un modello di ricerca collaborativa con un obiettivo ben preciso: individuare sistemi di rilascio delle tecnologie di terapia genica efficaci e sicuri, capaci di trasportare e trasferire nelle cellule bersaglio l’mRNA di CFTR (che porta le informazioni per la corretta produzione della proteina) oppure il sistema “taglia e cuci” Crispr-Cas per correggere le mutazioni presenti esattamente là dove serve, all’interno delle cellule bronchiali.

Per giungere a questo risultato, parte una strategia collaborativa che riunisce alcuni tra i maggiori esperti sul tema, coinvolgendo ricercatori e ricercatrici esperti all’avanguardia nell’editing genomico, nei sistemi di rilascio e nei modelli sperimentali di studio per la fibrosi cistica.

Il progetto, va detto, è solo una tappa dell’impegno della Fondazione. “Dal 2002 a oggi abbiamo investito oltre 36 milioni di euro in 477 progetti e servizi di ricerca, contribuendo a migliorare la qualità e durata di vita delle persone con questa malattia – segnala Matteo Marzotto, presidente FFC Ricerca – Con l’impegno di 1,8 mln di euro nel progetto strategico internazionale GenDel-CF per il triennio 2024-26 guardiamo alla terapia genica per sconfiggere all’origine la fibrosi cistica. Un obiettivo ambizioso, che non sarebbe possibile senza la rete di ricercatori, volontari e imprese come Tecnomat, che ci affiancano”. 

Ma torniamo alla scienza. E alla speranza che si accende, con il Ciclamino della Ricerca in fibrosi cistica che tornerà a fiorire in ottobre nelle piazze italiane in occasione della XXI Campagna Nazionale promossa dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, grazie agli oltre 5.000 volontari che animeranno il territorio con i loro eventi, per aumentare la conoscenza sulla malattia e favorire la ricerca per trovare una cura efficace e accessibile per tutte le persone con questa patologia.

Tre strutture di eccellenza italiane, il Centro per la Biologia Integrata dell’Università di Trento, il Tigem di Pozzuoli (NA) e l’ICGEB di Trieste, saranno affiancati da due centri stranieri, l’Università di Ghent  (Belgio) e l’Università dell’Alberta (Canada), per lo svolgimento del progetto che avrà la durata di tre anni.

Il progetto sarà coordinato da Anna Cereseto, responsabile del laboratorio di virologia molecolare del Dipartimento CIBIO dell’Università di Trento, che porterà grande esperienza nello sviluppo di sistemi di editing basati su Crispr-Cas e sistemi innovativi per il delivery. Il gruppo di Cereseto si occuperà di coordinare il consorzio di ricerca e, dal punto di vista sperimentale, di migliorare la struttura e le proprietà di particolari trasportatori di origine virale, chiamati viral-like particles (o VLP), in grado di trasferire nelle cellule bersaglio il sistema di editing CRISPR-Cas o il sistema a base di mRNA per la produzione di una proteina CFTR funzionante.

I due partner internazionali del progetto, Koen Raemdonck dell’Università di Ghent, esperto nello sviluppo di approcci per il trasferimento di acidi nucleici nel polmone, e Sheref S. Mansy dell’Università dell’Alberta, chimico specializzato nello sviluppo di cellule artificiali, avranno il compito di creare altri sistemi di trasferimento non basati su particelle virali, ma su nanoparticelle lipidiche (LNP). Le formulazioni sviluppate, a base di VLP o LNP verranno poi testate su modelli sperimentali di fibrosi cistica in vitro e in vivo.

Ancora: Luis J. V. Galietta del Tigem di Pozzuoli (Napoli), esperto dei meccanismi di trasporto ionico in cellule epiteliali delle vie respiratorie, sarà responsabile della validazione dei sistemi di delivery e di verificare il recupero di funzionalità di CFTR su cellule epiteliali bronchiali e su cellule isolate da persone con fibrosi cistica.

Mentre Serena Zacchigna dell’International Center for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste, esperta dell’uso di approcci di terapia genica in modelli in vivo, si occuperà della valutazione della capacità di trasferimento dell’Rna e del sistema di editing nel tessuto polmonare di modelli di topo.

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