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Frontiere chiuse ed elezioni annullate: effetto golpe in Gabon

Dopo il Niger, ora tocca al Gabon. Lo scorso 26 luglio, in Niger, un manipolo di militari guidati dal Capo della Sicurezza Nazionale ha destituito il presidente Bazoum. Uno scenario simile è toccato al Gabon dove un gruppo di militari ha annunciato la chiusura dei confini del Paese e l’annullamento delle elezioni presidenziali dello scorso 26 agosto. Il presidente recentemente eletto, Ali Bongo Ondimba, è stato tenuto sotto sequestro nella sua dimora ed è accusato dai militari di aver manipolato, a suo favore, le elezioni. 

Questo colpo di stato sancisce la fine di una linea di potere familiare che dura da anni. Infatti, la famiglia del neo-eletto e recentemente deposto presidente governava in Gabon dal 1967. Ali Bongo Ondimba ha tentato di ottenere il terzo mandato presidenziale in occasione delle elezioni del 26 agosto. I risultato davano ragione a Bongo, che avrebbe vinto le elezioni con il 64,27% delle preferenze, a discapito del suo avversario, Albert Ondo Ossa, il quale si è assicurato solo il 30,77% dei voti. 

Questi risultati sono stati, fin da subito, contestati dall’opposizione che ha giudicato le elezioni viziate e non libere, poiché le autorità governative avevano interrotto la connessione internet e imposto il coprifuoco, così da preservare il Paese dalla diffusione di presunte “fake news”. Questo comportamento era il perfetto preambolo di un tentativo di rivolta, timore rafforzato dal fatto che persino le televisioni ed i canali stranieri, come TV5 Monde, RFI e France24, sono stati banditi e accusati di “poca obiettività” nella diffusione delle notizie. 

Alla luce di ciò, i militari che hanno bloccato i confini del Gabon e hanno annullato i risultati delle elezioni presidenziali, hanno anche reso il Paese l’ottavo Stato della zona centro-occidentale dell’Africa teatro di un colpo di stato. Nella regione del Sahel infatti, dal 2020 sono già otto i colpi di stato; oltre al Niger, anche Mali, Burkina Faso, Chad e ora il Gabon. 

Questo ulteriore putsh contribuisce ad accendere i riflettori sul continente africano che, giorno dopo giorno, si trasforma in una zona sempre più instabile. Dall’Italia sono arrivate subito parole rassicuranti da parte del Ministro degli Esteri Antonio Tajani, il quale ha garantito la sicurezza dei concittadini presenti nel Paese. Anche da altri Stati sono arrivati commenti sull’accaduto. Da una parte, la Francia ha condannato la presa di posizione dei militari, richiamando al rispetto dei risultati elettorali; dall’altra parte, la Cina, sempre più attiva e influente nel continente, ha chiesto di garantire la sicurezza di Ali Bongo. Altra affermazione importante sul tavolo internazionale è stata quella di Josep Borrell, che ha definito il colpo di stato “un grosso problema per l’Europa”. 

Quello che si è consumato poche settimane fa non è peraltro il primo tentativo di colpo di stato in Gabon: nel 2019 un ammutinamento portato avanti con l’obiettivo di ristabilire la democrazia, durò soltanto poche ore. Questo secondo colpo di stato sembra destinato a essere più duraturo: nonostante la richiesta al popolo del presidente Ali Bongo di fare “rumore” per le strade, le uniche manifestazioni a Libreville sono state quelle a favore dei golpisti, i quali, giorno dopo giorno, attestano sempre più la loro posizione di potere.

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