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Invecchiamento, per combatterlo la ricerca guarda allo spazio

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Velasco25 Articolo

Diciamolo. Nonostante tutti gli sforzi dei laboratori di tutto il mondo, la fonte dell’eterna giovinezza di Ponce de Leon non è dietro l’angolo. O meglio, si stanno approfondendo sempre più i segreti della longevità, i misteri dell’apoptosi e quindi della morte programmata delle cellule, l’azione deleteria dei radicali liberi, il ruolo della telomerasi e del progressivo accorciamento della parte terminale dei cromosomi. Ma manca ancora molto. Ed allora? Allora si può cercare di far crescere la conoscenza sull’invecchiamento viaggiando fuori dal nostro pianeta. Girovagando nello spazio.

Monitorando cosa accade agli astronauti, visto che questi moderni esploratori, al ritorno dal loro viaggio, possono diventare motore della ricerca per la prevenzione e la cura personalizzata di malattie dell’invecchiamento dei terrestri. Benvenuti nell’era della medicina spaziale, che sempre più sarà foriera di nuovi strumenti di precisione per contrastare questo fenomeno, attraverso la personalizzazione di farmaci, attività fisica e dieta in base al profilo molecolare del singolo individuo.

Sono allo studio anche programmi di intelligenza artificiale capaci di diagnosticare malattie prima ancora della comparsa dei sintomi, biopsie liquide che con un solo prelievo di sangue riconoscono le “spie” di diversi tipi di tumore, gemelli digitali con cui prevedere l’evoluzione delle malattie e nuovi sistemi di telemedicina per intervenire a distanza.

Ma c’è di più. Quello che si studia per chi è destinato a esplorare le stelle ed i pianeti, diventerà patrimonio condiviso per il benessere di tutti. Lo provano gli esperti di tutto il mondo riuniti dal 13 al 15 settembre alla Fortezza da Basso di Firenze per il convegno “Costruire una civiltà nello spazio”, organizzato da Fondazione Internazionale Menarini con Nasa, Sovaris Aerospace e The Foundation for Gender-Specific Medicine.

“Fondazione Internazionale Menarini è felice di promuovere questo evento, unico nel suo genere, che coniuga le ultime novità della ricerca spaziale con le sfide etiche, politiche e legali che attendono l’umanità. Un tentativo difficile, ma sicuramente innovativo e interessante”, è il commento di Alessandro Casini, presidente Fondazione Internazionale Menarini.

La New Space Economy

Oltre alla scienza, anche l’economia e lo sviluppo attendono con ansia l’implementarsi continuo delle conoscenze in questo settore. Si pensa che entro pochi anni esploderà la New Space Economy, con turismo spaziale, fabbriche in orbita, avamposti lunari e attività di estrazione mineraria sugli asteroidi. Uno scenario che vedrà protagonisti sempre più civili non selezionati e addestrati al pari degli astronauti professionisti. E allora, ancor di più l’aspetto benessere diverrà basilare per salire e scendere verso le stelle.

Come cambia il corpo nello spazio

Avete presente gli stress-test, ovvero situazioni complesse in cui ci si può trovare dimostrando di avere la giusta capacità di reazione? Ebbene, la via fuori dal nostro pianeta può essere paragonata ad una “perturbazione” dell’omeostasi di questo tipo.

“Chi viaggia nello spazio affronta due principali sfide: la microgravità e lo stress ossidativo, vale a dire un aumento dei radicali liberi a un livello tale da compromettere la capacità antiossidativa della cellula e provocare danni al Dna. In risposta a tutto ciò, la fisiologia umana cambia per adattarsi e il risultato è una forte accelerazione dell’invecchiamento anche di 10-20 anni”, segnala Michael A. Schmidt, amministratore delegato e direttore scientifico di Sovaris Aerospace, compagnia specializzata nella medicina di precisione per i voli spaziali che ha collaborato con la Nasa allo studio degli astronauti gemelli Scott e Mark Kelly.

Anni di ricerche sugli astronauti “hanno dimostrato che lo stress ossidativo derivato, in particolare, dalle radiazioni ionizzanti, che penetrano in migliaia di cellule a dosi elevate, altera la funzione dei mitocondri, unità di produzione di energia della cellula, e di conseguenza il metabolismo di carboidrati e lipidi. Inoltre, danneggia il Dna, modifica l’espressione dei geni e altera la lunghezza dei telomeri, i “cappucci” che proteggono i cromosomi dalla degradazione e che influiscono sulla longevità”, aggiunge.

“Come se non bastasse la microgravità – prosegue Schmidt – elimina l’impatto del carico sulle ossa e sui muscoli e determina una perdita di massa ossea. Inoltre favorisce una ridistribuzione dei fluidi verso la parte superiore del corpo che aumenta il rischio di trombosi e problemi alla vista. Per compensare questi cambiamenti il cuore funziona diversamente e perde contrattilità, mentre il ventricolo sinistro tende a diventare più piccolo e le pareti delle arterie si irrigidiscono”.

Un avatar per la ricerca

Monitorare le conseguenze fisiche dell’esposizione degli astronauti all’ambiente ostile dello spazio è cruciale per la loro salute, ma consentirà anche di migliorare la nostra comprensione della fisiologia umana, grazie soprattutto alla medicina di precisione.

Come? Si sta già sperimentando l’utilizzo dei “gemelli digitali” degli astronauti, modelli virtuali che simulano la fisiologia dell’individuo e permettono di prevedere in tempo reale i cambiamenti dello stato di salute e delle performance fisiche durante le missioni, in modo da ottimizzare le contromisure ed elaborare strategie di intervento personalizzate.

Ma poi, e questo è ciò che conta, dallo spazio arriveremo fino alla terra, nei centri di ricerca, nelle corsie dell’ospedale, nella casa delle persone. In una sorta di “trionfo” della personalizzazione degli approcci alla salute, per una medicina di precisione.

Dallo Spazio alla Terra

Lo ricorda Marianne Legato, presidente del convegno, professoressa emerita di Medicina Interna alla Columbia University, a capo della Foundation for Gender-Specific Medicine di New York: “La nostra missione è portare alla nostra “famiglia terrestre” i principi degli screening e degli interventi medici impiegati negli ultimi 65 anni per gli astronauti. Utilizzando le più recenti innovazioni saremo capaci di migliorare esponenzialmente la nostra salute, le nostre performance e la longevità”.

“La ricerca spaziale – dice Legato – ci sta fornendo nuovi strumenti per realizzare interventi personalizzati in tema di alimentazione, attività fisica e farmaci in modo da prevenire le disabilità. Ma non solo: l’analisi di campioni biologici su capelli, saliva, condensato del respiro, sangue ecc. ci sta aiutando anche a comprendere le basi molecolari della fisiologia umana. L’analisi della capacità degli esseri umani di adattarsi a situazioni estreme di stress, sta ampliando anche le nostre conoscenze sulla neuroplasticità e sui meccanismi che il sistema nervoso impiega per mantenere l’equilibrio di fronte alle sfide uniche dello spazio. Prevenire o attenuare tali cambiamenti sarà prezioso per aumentare la longevità e migliorare la qualità di vita anche sul nostro Pianeta”.

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