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Oro rosso italiano, al via la campagna di raccolta: la sfida di costi alti e concorrenza sleale cinese

L’inizio della campagna di raccolta del pomodoro italiano da industria ha visto affacciarsi diverse sfide che potrebbero mettere a rischio la produzione prevista di 5,6 miliardi di chili. Oltre al cambiamento climatico, l’industria si trova ad affrontare una crisi dei consumi a tavola e costi di produzione elevati. La filiera dell’ortofrutta trasformata, che vale 4,4 miliardi di euro e impiega oltre 10 mila lavoratori fissi e oltre 25 mila stagionali, rischia di essere compromessa.

Nonostante le difficoltà, si è deciso di investire nel settore, con un aumento del 5% degli ettari dedicati alla coltura, che raggiungono circa 68.600 ettari. Il volume delle produzioni dipenderà sia dalle rese agricole che da quelle industriali, con particolare attenzione alla qualità della materia prima.

Il pomodoro da salsa è coltivato su circa 70 mila ettari, con la Puglia come principale polo di produzione nel Mezzogiorno, seguita dall’Emilia Romagna al Nord. Sul fronte della manodopera, si segnalano problemi legati agli stagionali, ma il settore non considera questa una criticità. Tuttavia, si rileva una carenza di tecnici specializzati dovuta a problemi strutturali.

L’aumento dei prezzi al dettaglio degli ultimi mesi non si è tradotto in maggiori profitti per le aziende, ma ha solo coperto parzialmente i costi in continuo aumento. Ciò ha portato il prezzo medio del pomodoro tondo a 150 euro/tonnellata sia al Nord che al Sud, con un incremento fino al 40% rispetto all’anno precedente. Questa situazione crea difficoltà alle aziende.

L’Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali (Anicav) si impegna a mantenere prezzi accessibili per i consumatori, nonostante gli aumenti dei costi. Essa chiede inoltre maggiori controlli per difendere il prodotto italiano da attacchi che confondono i consumatori.

La situazione per la parte agricola è altrettanto complicata, con il pomodoro pagato tra i 15 e i 17 centesimi al chilo. Solo una piccola percentuale del prezzo finale di un prodotto come la passata di pomodoro va al valore riconosciuto al pomodoro in campo, mentre la maggior parte del prezzo è costituita dal margine della distribuzione commerciale e da altri costi di produzione industriali.

Inoltre, alle frontiere aumentano le importazioni di concentrato di pomodoro cinese, che costa la metà rispetto a quello italiano. L’Italia scende al terzo posto come produttore mondiale, superata dalla Cina, che pratica una concorrenza sleale violando i diritti umani e dei lavoratori.

In risposta a questa situazione, Coldiretti e Filiera Italia hanno inviato una lettera al ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida per denunciare la problematica. La campagna di raccolta del pomodoro italiano da industria si presenta quindi con sfide importanti da affrontare, per garantire la sostenibilità e la qualità del prodotto e proteggere il comparto agricolo e industriale da concorrenza sleale.

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