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Covid e problemi neurologici, cosa è cambiato

cervello depressione
Adyen Articolo
Velasco25

Spossetezza, brain fog, vuoti di memoria: Covid-19 ha causato tutta una serie di disturbi neurologici, a volte prolungati. Ma questi ultimi sono diventati meno frequenti e, nella maggior parte dei casi, meno durevoli nel corso delle diverse ondate pandemiche. A dircelo è un maxi-progetto di ricerca che ha coinvolto 160 neurologi, 2000 pazienti e 38 unità operative di Neurologia in Italia e nella Repubblica di San Marino. Si tratta dello studio Neuro-Covid Italy, promosso dalla Società Italiana di Neurologia (Sin) e pubblicato su ‘Neurology’.

Se Covid colpisce il cervello

Il lavoro, coordinato da Carlo Ferrarese, direttore della Clinica Neurologica di Milano-Bicocca presso la Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza, ha al centro disturbi definiti con il termine “neuro-Covid”. Si tratta di sintomi e vere e proprie malattie diverse – dall’encefalopatia acuta (ovvero un grave stato confusionale, con disorientamento e allucinazioni) fino all’ictus ischemico, l’emorragia cerebrale, le difficoltà di concentrazione e memoria, la cefalea cronica, la riduzione dell’olfatto e del gusto, alcune forme di epilessia e di infiammazione dei nervi periferici.

Lo studio

La ricerca ha coinvolto 38 unità operative di Neurologia in Italia e nella Repubblica di San Marino ed è stato ideato dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano Vincenzo Silani e Alberto Priori (rispettivamente direttore del Dipartimento di Neuroscienze di Auxologico Irccs e direttore della Clinica Neurologica III, Polo Universitario San Paolo) e da Carlo Ferrarese dell’ateneo di Milano-Bicocca in piena pandemia.

Presentato al Comitato etico dell’Auxologico il 26 marzo 2020, è durato per 70 settimane, da marzo 2020 fino a giugno 2021, con un successivo follow-up fino a dicembre 2021. Su quasi 53.000 ricoverati per Covid-19, circa 2000 pazienti erano affetti da disturbi neuro-Covid e sono stati seguiti per almeno 6 mesi dopo la diagnosi.

I risultati

“Un primo dato importante – commenta Simone Beretta, neurologo presso la Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza e primo autore dello studio – è che i disturbi neuro-Covid sono diventati gradualmente meno frequenti ad ogni successiva ondata pandemica, passando da circa l’8% della prima ondata a circa il 3% della terza ondata. Questo indipendentemente dalla severità respiratoria del virus e prima dell’arrivo dei vaccini”. Ma come mai? La ragione più probabile “sembra legata alle varianti stesse del virus, che passando da quella originale di Wuhan fino a Delta lo hanno reso meno pericoloso per il sistema nervoso. Con la variante Omicron e l’uso dei vaccini, la situazione è andata ulteriormente migliorando e i disturbi neuro-Covid sono ora diventati molto rari”.

I tempi direcupero

“In oltre il 60% dei pazienti – sottolinea Ferrarese – c’è stata una risoluzione completa dei sintomi neurologici oppure la persistenza di sintomi lievi, che non impediscono le attività della vita quotidiana. Questa percentuale arriva a oltre il 70% per i pazienti in età lavorativa, tra i 18 e i 64 anni”.

Attenzione; in circa il 30% dei pazienti i sintomi neurologici sono durati oltre i 6 mesi dall’infezione. “Questo – precisa Ferrarese – è vero soprattutto per quanto riguarda i pazienti con ictus associato all’infezione da Covid, che nelle prime ondate sono stati gravati anche da una elevata mortalità intraospedaliera. Ma anche per i disturbi cognitivi, della concentrazione e della memoria, la risoluzione dei sintomi è stata molto più lenta rispetto ad altre condizioni neurologiche, tanto da rientrare in quella che è stata chiamata sindrome long-Covid. Questa sindrome è attualmente seguita in molti centri neurologici coinvolti nello studio”.

Non mancano gli interrogativi ancora aperti. Come evidenzia Alberto Priori, direttore della Scuola di Specializzazione in Neurologia e della Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Milano, che con i suoi collaboratori ha descritto per primo i disturbi cognitivi associati a Covid-19, “se quando e quanto l’infezione da Sars-Cov-2 potrà determinare un incremento del rischio di patologie neurologiche correlate a distanza di anni rimane ovviamente da essere studiato. Visti i dati della pandemia appena finita, i numeri potrebbero ipoteticamente essere importanti”.

Ecco perchè occorre monitorare attentamente la situazione neurologica degli ex pazienti Covid anche in questa fase, di ritorno alla normalità.

 

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