Dalla ricerca scientifica arrivano nuovi risultati promettenti su una molecola anti-Alzheimer. Donanemab ha rallentato in modo significativo il declino cognitivo e funzionale nei pazienti con malattia di Alzheimer sintomatica precoce, riducendo il rischio di progressione. Risultati ancor migliori sono stati registrati nel caso dei pazienti in fase ancor più iniziale.
I dati arrivano da uno studio di fase III sulla molecola frutto della ricerca Eli Lilly. I risultati sono stati condivisi in occasione dell’edizione 2023 dell’Alzheimer’s Association International Conference e sono stati pubblicati contemporaneamente su Jama. Il dossier sul farmaco è stao sottoposto alla Food and drug Administration Usa nel secondo trimestre, e il risultato si aspetta entro fine anno.
Lo studio dà “speranza alle persone con malattia di Alzheimer, le quali hanno urgente bisogno di nuove opzioni terapeutiche. Questo è il primo studio di fase III in cui una terapiacapace di modificarela progressione della malattia replica i risultati clinici positivi osservati in uno studio precedente”, ha affermato Huzur Devletsah, presidente e direttore generale di Lilly Italy Hub.
Lilly aveva infatti già annunciato che, nel corso dello studio clinico di fase III, donanemab ha raggiunto l’endpoint primario e tutti gli endpoint secondari cognitivi e funzionali. Dopo la Fda, sono attualmente in corso le sottomissioni anche ad altre autorità regolatorie nel mondo, la maggior parte delle quali – dicono da Eli Lilly – verrà completata entro la fine dell’anno.
I risultati
Tra i 1.182 partecipanti con livelli medio-bassi di tau (proteina che contribuisce al funzionamento dei neuroni nel cervello), il trattamento con donanemab ha rallentato in modo significativo il declino cognitivo. Tra tutti i partecipanti allo studio sull’Alzheimer sintomatica precoce positiva all’amiloide (1.736), il trattamento con donanemab ha rallentato in modo significativo il declino. I dati presentati al congresso hanno rafforzato il fatto che, a prescindere dallo stadio clinico o patologico della malattia al basale, il trattamento con donanemab ha prodotto benefici cognitivi e funzionali rispetto al placebo. L’effetto complessivo del trattamento con donanemab ha continuato a crescere durante tutto lo studio, con le maggiori differenze rispetto al placebo osservate a 18 mesi.
Il commento del neurologo
“Questi risultati – commenta Alessandro Padovani, presidente della Società Italiana di Neurologia e direttore dell’Istituto di Neurologia Clinica presso il Dipartimento di Continuità di Cura e Fragilità, AOU Spedali Civili di Brescia – dimostrano che diagnosticare e trattare le persone più precocemente nel corso della malattia di Alzheimer può portare a un beneficio clinico rilevante”.
Il ritardo nella progressione della malattia rilevato nel corso della sperimentazione “è significativo e può dare alle persone più tempo per fare le cose che sono significative per loro. Le persone che vivono con la malattia di Alzheimer precoce e sintomatica continuano a lavorare, a godersi i viaggi, a condividere tempo di qualità con la famiglia: vogliono sentirsi se stessi, più a lungo. I risultati di questo studio – dice Padovani – rafforzano la necessità di diagnosticare e trattare la malattia prima di quanto si faccia oggi”.
Il meccanismo d’azione
Donanemab agisce come uno ‘spazzino’ sulla placca amiloide depositata e ha dimostrato di portare alla sua rimozione nei pazienti trattati. Il trattamento ha infatti ridotto in modo significativo i livelli di placca amiloide, a prescindere dallo stadio patologico della malattia al basale. Tra tutti i partecipanti, il trattamento con donanemab ha ridotto la placca amiloide in media dell’84% a 18 mesi, rispetto a una diminuzione dell’1% per i partecipanti con placebo. Una volta soddisfatti i criteri predefiniti di clearance della placca amiloide, i partecipanti hanno potuto interrompere l’assunzione di donanemab. Circa la metà dei partecipanti ha raggiunto questa soglia a 12 mesi, e circa sette partecipanti su dieci l’hanno raggiunta a 18 mesi.
Effetti collaterali
Sul fronte degli effetti collaterali, l’incidenza di anomalie all’imaging correlate all’amiloide (ARIA, amyloid-related imaging abnormalities) e delle reazioni correlate all’infusione è stata coerente con il precedente studio sul farmaco. Si tratta di fenomeni come gonfiore temporaneo in una o più aree del cervello (ARIA-E) o micro-emorragie o siderosi superficiale (ARIA-H) – in entrambi i casi rilevate da risonanza magnetica – che possono essere gravi e, in alcuni casi, persino fatali. Questo rischio “deve essere gestito mediante attenta osservazione, monitoraggio con risonanza magnetica e azioni appropriate, se vengono rilevate Aria. Sono state osservate anche gravi reazioni correlate all’infusione, nonché anafilassi”, concludono da Eli Lilly.