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Intelligenza e longevità, la nuova ricerca

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Velasco25 Articolo

“Stay Hungry, Stay Foolish”. L’invito, pronunciato da Steve Jobs all’Università di Stanford il 12 giugno 2005 deve rappresentare un invito a mantenere la curiosità sempre accesa e a confidare sempre di più sulla propria capacità di discernimento e sulla propria intelligenza. E diventa nuovamente, fortemente, di moda leggendo i risultati di uno studio condotto dagli scienziati del German Primate Center (DPZ) – Leibniz Institute for Primate Research (primo nome Claudia Fichtel) apparso su Science Advances.

Il lavoro, realizzato sui lemuri in Madagascar, conferma che le capacità cognitive hanno un peso sulla sopravvivenza dell’individuo (ovviamente comprendendo anche l’uomo). Ma segnala anche come occorra sempre potenziare le capacità cognitive, perché proprio attraverso questo passaggio, con corrispondente effetto sull’intelligenza, si può puntare ad ottenere una maggior longevità oltre che una più alta probabilità riproduttiva.

Insomma, occorre essere curiosi, affamati di conoscenza, per sviluppare al meglio la propria intelligenza e mantenere una qualità di vita che consenta di puntare ad essere più longevi. E forse, proprio partendo dai lemuri, si conferma come quelle che vengono considerate sane abitudini in età media e avanzata (muoversi regolarmente, mantenere una buona vita sociale ed interessarsi a ciò che succede nel mondo incontrando gli amici ed i parenti, nutrirsi con intelligenza evitando gli eccessi, dimenticare il fumo) siano davvero armi che possono aiutarci a vivere bene, proprio grazie a questo effetto collaterale di mantenimento di una spia sempre accesa alla voce stimoli cognitivi. 

La ricerca ha preso in esame animali che sono prima stati catturati (quindi con uno stress di partenza simile) poi sottoposti a test cognitivi, quindi controllati sotto l’aspetto del peso corporeo e infine rimessi in libertà. In particolare, sono stati realizzati in ogni partecipante allo studio quattro diversi test cognitivi (per calcolare capacità di risolvere i problemi, memoria spaziale, il controllo che consente di attivare un percorso diverso per giungere al cibo e infine la capacità di comprendere a caso quanto viene proposto, ovviamente sempre rifacendosi al cibo. Ma non basta: i test della personalità condotti hanno valutato il desiderio e la tendenza ad esplorare, e la curiosità, misurata valutando la reazione di fronte a oggetti poco noti. 

Andando ad analizzare insieme tutti quanti i risultati, fino a dipingere un identikit dei diversi lemuri partecipanti allo studio, ci si accorge che in genere gli animali che hanno prestazioni cognitive più efficienti e hanno la tendenza ad esplorare risultano maggiormente portati ad avere una sopravvivenza allungata.

C’è un ulteriore parametro, questo fisico, che è stato considerato nello studio. Si tratta del peso corporeo. Ovviamente gli animali con un peso corporeo più elevato (indice di benessere e non certo di caratteristiche metaboliche alterate) avevano probabilmente anche una maggior tendenza ad alimentarsi in modo efficiente, e quindi risultavano comunque più portati a vivere più a lungo, oltre ad avere una maggior tendenza all’esplorazione.

E torniamo al “siate affamati, siate folli” di Steve Jobs. La tendenza a non fermarsi di fronte al desiderio di conoscenza e alla capacità di esplorare, unita a sane abitudini, può aiutare i lemuri ad essere maggiormente longevi. Forse anche per noi queste caratteristiche contano allo stesso modo.

E lo dicono anche gli studi epidemiologici, andando oltre alla predisposizione genetica ad una buona capacità cognitiva e ad una vita lunga e sana. A parte le “indicazioni” del Dna, vivere con gli altri, informarsi, mantenere il cervello allenato a pronto a recepire significa aiutarci a rimanere con capacità cognitive più vivaci. Ricordiamolo. E teniamo presente che, almeno nei lemuri, avere in sorte (e coltivare!) un’intelligenza vivace e pronta può anche favorire la longevità.

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