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Dramma di Voghera, cos’è la depressione post partum

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Velasco25 Articolo

In un momento drammatico per la salute mentale degli italiani dopo gli anni di pandemia, resta il fatto che uno dei periodi della vita a maggior rischio per le donne è rappresentato dalla gravidanza e dal post partum. Si è parlato proprio di depressione post partum nel caso di Voghera, in provincia di Pavia, dove una donna di 45 anni avrebbe confessato ai carabinieri di aver ucciso il figlio Luca, nemmeno un anno. Ma di che si tratta e quanto è diffuso questo disagio?

I numeri

Studi epidemiologici condotti in nazioni diverse evidenziano che la depressione post partum colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neomamme ed esordisce tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi. La donna si sente triste senza motivo, irritabile, facile al pianto, non all’altezza nei confronti degli impegni che la attendono, come ricorda un focus del ministero della Salute.

Si tratta di un problema che può colpire chiunque, come hanno testimoniato numerose celebrità. Alla depressione post partum l’attrice americana Brooke Shields ha dedicato un libro, ‘Down Came the Rain’, raccontando la sua esperienza e l’aiuto ricevuto dai medici. “È un problema molto grave, sono stata ringraziata da molte donne per aver parlato di un problema che viene troppo spesso ignorato per mancanza di informazioni, vergogna, paura”, scriveva l’attrice di ‘Laguna blu’.

Baby blues o stato depressivo?

Il benessere mentale delle neomamme può essere colpito con diverse intensità. Il 70-80% delle puerpere sperimenta il cosiddetto “baby blues”: una certa instabilità emotiva che si manifesta immediatamente dopo il parto e nei giorni successivi. In questo caso non si tratta di uno stato patologico e soprattutto il disagio tende a rientrare spontaneamente in tempi brevi (circa due settimane).

ll 10-15% delle puerpere va invece incontro ad un vero e proprio stato depressivo che non tende a scomparire spontaneamente come il “baby blues”. Ecco allora che se non si riceve un trattamento, il 50% delle madri è ancora depresso dopo 6 mesi e il 25% dopo 1 anno.

La depressione post partum si può prevenire

La depressione post partum, se non riconosciuta e trattata, interferisce con le capacità della donna di instaurare un interscambio di emozioni con il suo bambino e ostacola l’attaccamento al piccolo. Ma il fatto è che ancora oggi raramente la depressione post partum viene riconosciuta o trattata. E’ come se una barriera – la stessa che talvolta mitizza la maternità – impedisse di ammettere o riconoscere il problema.

Eppure, ricorda il ministero, programmi di screening per riconoscere le donne a rischio di depressione post partum, effettuati già in occasione della prima visita con il medico di famiglia o con lo specialista, o, nell’immediato post partum, nonché successivi interventi clinici  – realizzati in varie regioni italiani – hanno fornito risultati di grande interesse. E, soprattutto, suggeriscono che diagnosi e interventi terapeutici precoci e strutturati risultano efficaci e ben accettati.

Ecco allora che diventa fondamentale per le madri parlare del proprio disagio, con il compagno, amici o familiari. Se il problema continua è  bene parlarne anche con il proprio medico di fiducia.

Per guarire dalla depressione post partum, infatti, il primo passo è riconoscerla e affrontarla nel modo giusto. Una depressione a lungo trascurata è causa di grande sofferenza per la donna che la vive e per il suo bambino.

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