PGIM_970x250_HEADER

Colera in Sardegna, cosa è emerso dalle analisi Iss

colera
Adyen Articolo
Velasco25
Aveva suscitato non poco allarme la notizia del caso di colera rilevato in Sardegna dopo mezzo secolo. Adesso però le analisi del del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto superiore di sanità (Iss) hanno stabilito che non si trattava, in effetti, di colera. “Non si conferma il caso di colera per quanto concerne il campione in esame”, scrivono dall’Istituto. Ma come mai?
“Il ceppo batterico di Vibrio cholerae inviato dall’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari e isolato il 3 luglio da un campione di feci di un paziente ricoverato, è stato analizzato dal dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss per effettuare la conferma di diagnosi di colera. La conferma della diagnosi di colera – precisa l’Iss – deve essere eseguita secondo le indicazioni della definizione di caso stabilite da Ecdc (Centro europeo per il controllo delle malattie) nel 2018,  cioè ‘ogni persona che presenti diarrea o vomito e da cui sia stato isolato un ceppo di Vibrio cholerae che presenti gli antigeni O1 o O139 e il gene codificante l’enterotossina o l’enterotosina stessa‘”.
Ebbene, i risultati delle analisi condotte dall’Istituto di Viale Regina Elena hanno evidenziato che “il ceppo batterico in esame appartiene alla specie Vibrio cholerae, ma non ai sierogruppi che causano colera“.

Un ceppo che non provoca sintomi

Il ceppo ritrovato “è abbastanza comune negli ambienti acquatici salmastri e normalmente non provoca sintomi”. Pertanto gli esperti del Dipartimento di Malattie Infettive hanno emesso risposta ufficiale per cui non si conferma il caso di colera.

Non basta il Vibrione

Nel paziente sardo, insomma, “c’è il Vibrione, ma non si tratta delle due forme che possono causare un’epidemia o sintomi importanti. Esistono infatti circa 200 sottotipi di colera”, ricorda a Fortune Italia Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma.
Secondo l’esperto l’episodio verificatosi in Sardegna ci dice che “il sistema di allarme è stato tempestivo e l’Iss ha effettuato rapidamente l’indagine. Dunque la sorveglianza ha funzionato. Non si è trattato di un ceppo epidemico – conclude Ciccozzi – ma di un caso isolato, probabilmente collegato al consumo di cozze crude. Il fatto è che questo mollusco è una sorta di filtro e il rischio per chi lo consuma crudo  non è legato solo al colera, ma anche all’epatite A. Dunque il consiglio è sempre quello di evitare di consumare cozze crude“.
ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.