E’ una storia di impegno, solidarietà e buona sanità quella di Mouhamed, un bimbo del Senegal nato con una malattia rara che gli ha ‘rubato gli occhi’. Una storia che, anche solo qualche decennio fa, sarebbe andata diversamente. E’ stata infatti una mail di poche righe a fare la differenza. A scriverla il papà di Mouhamed, che si è rivolto all’Osservatorio Malattie Rare.
La storia
La vita di Mouhamed comincia in Senegal nel luglio 2022: il bimbo è affetto da una rara malformazione e nel suo Paese nessuno ha le possibilità di aiutarlo. Pochi giorni dopo però al direttore di Osservatorio Malattie Rare, Ilaria Ciancaleoni Bartoli, arriva una e-mail inviata da un giovane senegalese, residente a Milano. “Ho avuto una notizia molto dura: c’era scritto nella mail il mio bambin o è nato con una malattia rara che si chiama ‘anoftalmia bilaterale’ e in Senegal non possono fare nulla. Vorrei portarlo al più presto in un ospedale italiano”.
Il bimbo era privato fin dalla nascita dei globi oculari. Così Ciancaleoni Bartoli contatta Andrea Bartuli, responsabile dell’ambulatorio malattie rare dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. “Bartuli non solo ci ha indirizzato all‘Assistenza Internazionale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – ricorda la responsabile di Omar – ma ha anche coinvolto da subito una rete che si è mossa per aiutare Mouhamed”.
Bambino Gesù e Ocularistica italiana
Grazie al programma umanitario dell’Ospedale della Santa Sede il bambino, sprovvisto di qualsiasi forma di assistenza sanitaria, una volta a Roma ha potuto effettuare gli accertamenti del caso e ricevere tutte le cure che la sua famiglia era impossibilitata a sostenere.
Determinante in questo percorso è stata la dottoressa Alessandra Modugno, oculista e direttore di Ocularistica italiana, centro specializzato nella produzione di protesi oculari destinate a bambini affetti da malformazioni congenite. Modugno ha coinvolto l’Associazione KIM per accogliere mamma e bambino per tutto il periodo necessario.
L’arrivo a Roma
La famiglia è arrivata a Roma il 1 marzo scorso. “Da molti anni al Bambino Gesù abbiamo dedicato, in collaborazione con la UOC di Oculistica, un percorso ai bambini con patologie oculari rare come l’anoftalmia, la microftalmia e il coloboma”, spiega Andrea Bartuli. Condizioni che richiedono una stretta collaborazione tra specialisti diversi.
Le protesi che crescono
“L’anoftalmia è una patologia che determina la completa mancanza di formazione e accrescimento delle vescicole ottiche, o una loro degenerazione – spiega la dottoressa Alessandra Modugno – Nel corso della vita uterina i bulbi oculari rappresentano una medesima estroflessione del cervello ed è per questo che non si può effettuare un trapianto dell’occhio: la mancanza dei bulbi oculari non può essere sopperita se non dalle protesi. Quindi a Mouhamed sono state applicate delle protesi di grandezza crescente, per espandere gradualmente la cavità dove non c’è l’occhio. Al termine di questa prima fase, insieme alla mamma, è potuto tornare a Milano per ricongiungersi col papà”.
Una storia di famiglia
La storia di Mouhamed si collega a quella del nonno della dottoressa che ha applicato le protesi al bambino, Paolo Modugno, elettricista su un sommergibile della Marina Militare italiana durante la Prima Guerra Mondiale. Sopravvissuto all’affondamento del suo sommergibile durante la Prima Guerra Mondiale, Paolo era stato catturato e richiuso nel campo di prigionia di Mauthausen. Gravemente ferito, una volta rientrato in Italia, ha iniziato a lavorare per l’Opera Nazionale Invalidi di Guerra, presso cui ha compreso l’enorme necessità di protesi per i reduci.
Nel 1920, al termine di un periodo di apprendistato in Germania, Paolo fondò l’Istituto Ocularistico Paolo Modugno, in seguito gestito da figlio e nuora e, infine, dalla nipote. Oggi Ocularistica Italiana è un centro di riferimento sul territorio nazionale per la produzione di protesi oculari in resina, come quelle che sono state applicate al piccolo Mouhamed.
“Siamo una struttura convenzionata con le Asl di tutta Italia e riceviamo moltissimi pazienti bisognosi dell’applicazione di protesi oculari”, spiega Modugno. “La nostra collaborazione con la dottoressa Modugno ha avuto inizio diversi anni fa e anche nel caso di Mouhamed ci siamo resi disponibili a offrire supporto in forma totalmente gratuita”, racconta Corrado Roda, coordinatore del Centro di Accoglienza KIM.
Nel caso di Mouhamed il ruolo dell’associazione è stato fondamentale: la madre di Mouhamed parla solamente il Wolof, un dialetto dell’Africa Occidentale, ma grazie alla collaborazione con un’altra mamma residente presso i locali dell’Associazione KIM e all’intermediazione del personale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è stato possibile spiegarle tutto e procedere al trattamento del piccolo.
Le prospettive per il bimbo
Mouhamed non recupererà mai la vista e dovrà proseguire nel percorso di riabilitazione, aggiungendo anche un programma di psicomotricità. Ma oggi la sua situazione è molto migliorata. “Pur attraverso le protesi, alcune persone riescono a far comprendere il loro umore con uno sguardo, segno che tali dispositivi hanno raggiunto una qualità estetica elevatissima”, conclude la dottoressa Modugno. “Abbiamo fatto di tutto perché Mouhamed ricevesse le sue protesi e, una volta che la procedura di ricongiungimento familiare sarà completata, potrà continuare a riceverle tramite il Servizio Sanitario Nazionale”, assicura.