Disperazione, amore, appello, ascolto, speranza. Sono tante le parole che vengono in mente ascoltando questa storia di eccellenza e buona sanità che ci arriva dal Policlinico Umberto I di Roma. Una storia che è iniziata a marzo e che ha come protagonista un bimbo siciliano, Simone, colpito da una malattia rarissima: il deficit di Aadc, che colpisce 200 persone in tutto il mondo.
I suoi genitori avevano scritto una lettera-appello al Governo di Giorgia Meloni, chiedendo aiuto affinché il figlio potesse ricevere la terapia genica di cui aveva urgente bisogno e che già altri bambini avevano ricevuto in Francia e Germania, ma che non era autorizzata in Italia, come ha raccontato Omar, l’Osservatorio malattie rare.
Simone era l’unico dei 16 pazienti italiani con Aadc eleggibile a ricevere questa terapia genica, in grado di modificare il corso della sua malattia. Ebbene, l’appello è stato ascoltato e a maggio il trattamento – che prevede l’infusione della terapia direttamente nel cervello ed è stato approvato dall’Agenzia europea del farmaco (Ema) ma non ancora dall’italiana Aifa – è stato somministrato al piccolo Simone con un intervento neurochirurgico durato 8 ore. Il tutto presso il Policlinico Umberto I di Roma, unica struttura in Italia attrezzata e autorizzata a farlo.
I risultati sono stati illustrati dal direttore generale dell’Umberto I Fabrizio d’Alba, dalla rettrice dell’Università Sapienza Antonella Polimeni e dal presidente della Regione Lazio Francesco Rocca (nella foto principale), con in videocollegamento i genitori di Simone. Oggi, come ha raccontato il suo papà, Sebastiano, grato ai medici dell’Umberto I, Simone “sta benissimo, ha energia ed è dinamico. E’ passato solo un mese e non vogliamo sbilanciarci”.
La storia di Simone
A 6 mesi di vita il bimbo, durante un controllo, non riesce a reggere la testa, la sua muscolatura è debole, teneva le braccia spalancate e i pugni chiusi. Dopo due settimane di ricovero presso l’Ospedale San Marco di Catania, la famiglia arriva in gennaio all’Irccs Fondazione Stella Maris di Pisa dove il piccolo in poco tempo ha ricevuto la diagnosi di questa malattia ultra rara. Simone era l’unico dei 16 pazienti italiani con elegibile a ricevere Eladocagene Exuparvovec, un farmaco orfano innovativo sviluppato da Ptc Therapeutics ma non ancora autorizzato in Italia. L’attesa si è protratta per un anno, di qui l’appello dei genitori.
La malattia
Il deficit di AADC è una malattia “neurometabolica ereditaria, a trasmissione autosomica recessiva, causata da mutazioni bialleliche nel gene DDC – ha spiegato Roberta Battini, responsabile Uos Dipartimentale Clinica dei Disturbi Neurologici e delle Malattie Rare della Fondazione Stella Maris di Calambrone (PI), che ha diagnosticato la malattia di Simone e che lo segue ormai da due anni – Le manifestazioni cliniche sono generalmente evidenti nei primi mesi di vita e le più frequenti comprendono ipotonia, ossia diminuzione del tono muscolare; ipocinesia, cioè riduzione o lentezza dei movimenti volontari del corpo; crisi oculogire e disfunzioni del sistema nervoso autonomo. Nella maggior parte dei casi il deficit di Aadc si presenta in forma grave, ma sono noti alcuni pazienti con decorso della malattia più lieve”.
La risposta
L’appello della famiglia non è rimasto inascoltato. La premier Giorgia Meloni e il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato hanno testimoniato la volontà di cercare una soluzione. Parallelamente, la Direzione strategica del Policlinico Umberto I – attraverso l’Unità di Ricerca Clinica e Clinical Competence – ha avviato un lavoro di collaborazione serrata con Aifa fino ad arrivare al momento dell’intervento. Il farmaco è stato somministrato facendo ricorso alla procedura di accesso anticipato stabilita dalla legge 326/2003, Fondo 5%, che consente, in circostanze specifiche di estrema urgenza, di accedere a finanziamenti specifici per terapie approvate in ambito europeo anche prima del completamento degli iter autorizzativi italiani.
La terapia genica
Il bambino è stato ricoverato ilo 4 maggio presso il Reparto di Neuropsichiatria Infantile di via dei Sabelli, dove è stato seguito e monitorato dall’equipe fino al 22 maggio scorso, giorno in cui è stata realizzata la complessa procedura neurochirurgica, che prevede l’infusione della terapia direttamente nel cervello. L’intervento – durato otto ore – è stato effettuato all’interno di una delle sale di risonanza magnetica del Policlinico, una delle più avanzate in Italia, inaugurata appena un anno fa e per l’occasione “trasformata” in una sala di neurochirurgia.
L’operazione ad altissima complessità è stata effettuata da una equipe di operatori e specialisti che ha lavorato intensamente per garantire efficacia e rischio zero per il paziente: l’intervento è stato effettuato da Antonio Santoro, Direttore della Neurochirurgia, e da Luca D’Angelo, Neurochirurgo, Dipartimento Neuroscienze e Salute Mentale, Policlinico Umberto I di Roma, supportati ada Francesco Pisani, Direttore Responsabile UOC di Neuropsichiatria Infantile Umberto I di Roma.
Il piccolo è tornato a casa
Dopo due settimane il piccolo Simone ha potuto fare ritorno a casa insieme alla sua famiglia, rimasta a Roma per un mese intero, dal periodo preoperatorio al decorso post operatorio. Simone oggi pur avendo tre anni, non è ancora in grado di parlare o camminare. In assenza di terapia le sue condizioni sarebbero ulteriormente degenerate, mentre oggi ci si aspetta che possa recuperare diverse tappe di crescita perse.
“Per la prima volta in un ospedale pubblico è stata effettuata una terapia genica, in vivo, e con un’unica infusione (one shot): un risultato straordinario – ha commentato Fabrizio d’Alba, Dg del Policlinico Umberto I di Roma – La somministrazione è avvenuta attraverso un intervento stereotassico in narcosi, cioè grazie al supporto della risonanza magnetica è stata effettuata un’iniezione intracerebrale (in una zona del cervello chiamata putamen, ndr) utilizzata anche per il trattamento di una serie di disturbi neurologici pediatrici e negli adulti. L’operazione è stata eseguita dall’equipe dei nostri eccellenti neurochirurghi che ringrazio personalmente, così come tutto il team di esperti, le Direzioni e le Unità operative coinvolte, anestesisti, chirurghi, rianimatori senza dimenticare la Farmacia Ospedaliera, l’Ingegneria Clinica e tutto il personale infermieristico. Il sorriso splendido di Simone a poche ore dal risveglio – ha chiosato il manager – e le sue dimissioni dopo pochi giorni sono state la più grande ricompensa allo sforzo straordinario fatto da tutti gli attori di questa impresa”.