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Francesco Chiurco, il manuale del bravo comunicatore

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Francesco Chiurco, ora alle relazioni esterne di Luiss business school, ripercorre la sua carriera tra opa e crisi aziendali

Incontriamo Francesco Chiurco a Villa Blanc a Roma, nella prestigiosa sede della Luiss Business School. È da poco il nuovo direttore delle relazioni esterne, approdato qui dopo un percorso professionale che lo ha visto per lunghi anni a capo delle relazioni con i media di Bnl, dove ha cominciato con Davide Croff e Luigi Abete, all’epoca rispettivamente amministratore delegato e presidente della Banca. Nel nostro incontro si dice orgoglioso di aver contribuito a scrivere la storia di vent’anni della banca che fu del Tesoro e dove ha gestito la comunicazione di tre Opa in un anno, dal marzo 2005 al febbraio 2006. Prima quella di BBVA, poi Unipol e infine l’Opa di BNP Paribas su BNL, che ha proiettato la banca nel contesto internazionale.

Qual è la dote più importante di un bravo comunicatore?

Sulla base della mia esperienza, penso serva un mix di qualità e di soft skill importanti come l’empatia, le capacità relazionali, di mediazione e l’affidabilità. E soprattutto quest’ultima non si può improvvisare.
O sei una persona che viene percepita affidabile oppure no. Bisogna essere innanzitutto tecnicamente preparati, ma anche empatici e sensibili, intellettualmente vivaci, cioè capaci di pensare in maniera alternativa e di innovare continuamente. Anche in questo mestiere il lifelong learning è quindi fondamentale.

Con l’avvento del digitale come è cambiata la comunicazione corporate?

È cambiata molto sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo. Da un lato il digitale ha sicuramente aiutato e reso possibile molte attività, dall’altro ha ampliato molto l’ambito operativo perché oggi, per esempio, non si può più ragionare sugli orari dei giornali. Una volta, quando si andava in stampa era tutto finito e si aspettava il giorno dopo per vedere in edicola come era andata. Oggi l’attenzione rimane alta nelle 24 ore e pure nei weekend, senza che ci sia soluzione di continuità. Perché ci sono appunto il web e i social. La grande rivoluzione è arrivata col web 2.0, con i blog e i forum, e con i social che hanno amplificato la capacità di interazione. Questo ha rappresentato un ulteriore passo in avanti, consentendo di comunicare direttamente ai propri interlocutori finali, mentre prima c’era l’intermediazione del giornalista. Questo non facilita il ruolo del comunicatore. Secondo me lo rende più complicato, perché mentre il giornalista fa un’opera di mediazione tra la persona che parla e il lettore, e in qualche modo certifica pure quello che si dice, la comunicazione diretta espone di più al rischio reputazionale.

Si parla tanto di innovazione. Secondo lei quale ruolo hanno giocato tutti questi cambiamenti in questi anni?

Secondo me la tecnologia ha fatto un po’ quello che hanno fatto le macchine con la rivoluzione industriale: molte attività operative e che impegnano molto tempo, possono essere fatte con la tecnologia, soprattutto oggi con l’intelligenza artificiale, permettendoci di svolgere un lavoro più di qualità e più strategico, lasciando da parte l’operatività di base.

Non c’è il rischio che l’intelligenza artificiale ridimensioni ulteriormente il ruolo del comunicatore di impresa? L’AI potrebbe scrivere direttamente un comunicato stampa.

Io non credo che ci sia un problema di concorrenza persona-macchina, ma penso ci saranno nuove opportunità di maggiore dialogo e interattività human-machine. La macchina viene in supporto del comunicatore e può aiutare con gli strumenti di verifica con tempi immediati. Oggi se io devo scrivere un testo, già solo andando sul web posso trovare molte risposte e molte fonti. Naturalmente poi devo essere capace di verificarne l’attendibilità e contestualizzare quei contenuti rispetto al momento attuale, che poi è l’elemento che ci distingue dalle macchine, con la nostra cultura, la nostra conoscenza, il nostro bagaglio di formazione. La tecnologia è uno strumento abilitante, ma i contenuti devono sempre essere valutati e interpretati. Questo ad esempio è un fattore importante per la gestione del contrasto alle fake news.

La gestione della crisi è sicuramente un banco di prova fondamentale per un comunicatore.

Ne ho vissute diverse di crisi aziendali e settoriali. Già all’inizio della mia esperienza ci furono i casi Parmalat, Cirio, e poi delle crisi bancarie importanti. Io ho sempre cercato di avere fin da subito un filo diretto coi giornalisti, capire quali erano le fonti a cui loro attingevano perché spesso c’era una pluralità di fonti e quindi si creava confusione, entropia. In alcuni casi invece ci poteva addirittura essere un tentativo di manipolazione dell’attività dei giornalisti facendo uscire dei documenti riservati che poi venivano utilizzati in fretta, senza magari verificare bene alcuni elementi. Ho sempre cercato un approccio molto collaborativo per creare una rete. In più occasioni mi sono ritrovato a istituire dei tavoli di confronto, dove la logica era quella di gestire insieme la crisi, invece che andare ognuno per proprio conto.

Oggi che consiglio darebbe a un giovane che volesse occuparsi di comunicazione corporate e relazioni con i mezzi di informazione?

Esistono diverse leve su cui un comunicatore deve saper agire. Credo che per un comunicatore le materie umanistiche siano molto più importanti delle competenze tecniche. Poi è evidente che, se hai competenze di diritto e di economia, come di storia e filosofia, aiuta molto.

Statisticamente vedo che in Europa ‘Scienze politiche’ è una facoltà molto presente tra i comunicatori, ma questo non vuol dire che sia la sola facoltà che meglio ti prepara. Sicuramente dà una formazione ampia, e ben strutturata che spazia dal diritto alla filosofia e alla sociologia. Quest’ultima, ad esempio, è una materia che per un comunicatore è molto importante: se, ad esempio, si deve pianificare un’attività di comunicazione da fare ad Amsterdam o a Dubai è evidente che non possiamo avere lo stesso approccio e che serve una base di conoscenza che ci aiuti a orientarci nella scelta dei messaggi e dei linguaggi più idonei. Una persona giovane che volesse intraprendere questo mestiere deve sicuramente essere molto preparata e dominare le lingue, oltre che capire in anticipo come possono variare certe cose e quindi essere capace di interpretarle a sapersi muovere velocemente.

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