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Cura di prossimità per tutelare e valorizzare il patrimonio artistico e naturalistico

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Velasco25 Articolo

Come armonizzare tutela del patrimonio storico-paesaggistico e opportunità di valorizzarne fruizione e conoscenza? Partendo dal territorio, per una cura di prossimità 

L’appuntamento con con le Giornate Fai di Primavera 2023 è nel fine-settimana 25/26 marzo, spunto di ricognizione del patrimonio artistico, architettonico e naturalistico nostrano che si sovrappone (per restare su quella tonalità cromatica) al quarto di secolo delle Bandiere Arancioni Touring Club Italiano.

Con l’anno in corso che chiude il decennio del piano strategico 2014-2023 del Fondo per l’Ambiente Italiano, qualche numero sull’edizione #31 della due giorni: 400 città, 750 luoghi visitabili, il coinvolgimento di due terzi degli 11.000 volontari.

Le giornate rappresentano un’occasione di raccolta fondi (col contributo minimo libero suggerito di 3 euro), contano su sponsor consolidati e s’inseriscono in un quadro più ampio di supporto nell’arco dei dodici mesi, con oltre 600 aziende a sostenere la fondazione, soprattutto tramite il programma Corporate Golden Donor.

Il Fai nasce nel 1975 da un’idea di Giulia Maria Mozzoni Crespi sollecitata da Elena Croce, figlia di Benedetto. La lista dei beni ha raggiunto quota 71 (54 aperti al pubblico e 17 in restauro), dai primi del 1977 – Cala Junco a Panarea, il monastero di Torba a Gornate Olona, il castello di Avio – ai tre più recenti: il bosco Carmela Cortini di Valzo a Valle Castellana, il memoriale Brion a San Vito di Altivole e Villa Caviciana a Gradoli.

Il balzo agli anni Settanta è solo il primo, ne è necessario un altro di due decenni: nel 1955 Italia Nostra viene costituita, per essere riconosciuta nel 1958. L’anima ispiratrice è la stessa, porta in dote anch’essa visione e slanci di Giulia Maria Mozzoni Crespi – insieme a quelli di Giorgio Bassani, Antonio Cederna e Desideria Pasolini Dall’Onda (tra i tanti) – e conta oggi 21 siti gestiti da una rete di 200 sezioni territoriali autonome. Si alimenta in larga parte con risorse da enti pubblici (contributi e contratti), quote associative, lasciti e donazioni.

Molto unisce le due realtà del terzo settore, due iniziative su tutte: i Luoghi del Cuore Fai e la Lista rossa Italia Nostra dei beni in pericolo (ad aprile verrà presentato il Libro bianco sui siti Unesco italiani). Non sono però soggetti del tutto speculari – a partire dagli iscritti, rispettivamente 268.000 e 7.500 – con la differenza più evidente nelle campagne di promozione legislativa e nelle relative battaglie di Italia Nostra, come le due storiche (mura di Ferrara, laguna di Venezia) o quelle sulle energie rinnovabili.

Castello di Avio (foto Martina Vanzo ®Fondo per l’Ambiente Italiano)

Nel tempo sono poi emersi due orientamenti distinti e distanti in seno all’associazione di viale Liegi: difesa tout court e presa in carico. Quale prevale? Spesso entrambe, con la seconda che pare radicarsi con maggior tenacia. La vulgata attribuisce a Italia Nostra l’etichetta di signornò barricaderi e al Fai quella di operatori troppo vicini alle nuove logiche del marketing turistico. È sbrigativa e ingenerosa, certo. Però utile a riflettere sul tema della conservazione, della conoscenza e della fruizione del patrimonio nel solco della Convenzione di Faro sui rapporti tra patrimonio culturale, diritti umani e democrazia.

Maurizio Davolio, chair di Legacoop e a lungo presidente dell’Associazione italiana turismo responsabile, ritiene “che più che di equilibrio si debba parlare di intreccio fra tutela e valorizzazione. È importante che la comunità locale e le sue componenti svolgano un ruolo di protagoniste.

Associazioni culturali e pro loco si sono impegnate, sono nate cooperative di comunità con obiettivi di individuazione e di gestione dei beni, in collaborazione con le amministrazioni: si tratta di iniziative di valenza civile e sociale che testimoniano il senso di appartenenza”. Guardando oltreconfine – partendo per esempio dall’International National Trusts Organization, una valida rete di reti – si apre un panorama articolato con l’approccio bottom-up che tende a focalizzarsi sui ‘micro beni’ e quello top-bottom che continua a governare quelli di maggior estensione, soprattutto naturalistici.

Solo una questione di gestione e competenze o anche di mentalità? La Valle dei Templi di Agrigento è uno dei luoghi più emblematici, la quintessenza di croniche complessità a vari livelli: una storia difficile che sta però cambiando passo con progetti oculati. Federica Salvo è responsabile del Giardino della Kolymbethra, bene in accordo di concessione con la Regione Siciliana dal 1999 al 2024. “Le azioni quotidiane si concentrano sull’atout più prezioso, il patrimonio genetico delle piante monumentali e la straordinaria varietà di agrumi. La cura del verde si lega a sua volta ad attività didattiche ed eventi culturali per sensibilizzare i visitatori (60.000 nel 2022) sulla salvaguardia del paesaggio e del patrimonio culturale. Il risultato è un’offerta diversificata che mira a rendere economicamente sostenibile la gestione ordinaria del sito”.

È forse questo il senso più antico e contemporaneo della cura di prossimità, lo spirito della polis: coinvolgimento di esperti del posto, perseveranza quotidiana e visione condivisa. Di orizzonte e di rotta, dal basso (ma globale e organica), per tutti.

 

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