La trasformazione digitale si mette al servizio della tradizione. È il caso di Laurieri, un’azienda di panificazione nata a Matera negli anni ’70, oggi fra i fornitori delle maggiori compagnie aeree internazionali. Con un fatturato 2022 di 14 mln di euro e un incremento del 25% annuo, Laurieri esporta il 90% della produzione, che non si è fermata neanche per Covid.
“Mio padre lavora ancora in azienda” ci racconta Gianni Laurieri, general manager. “Aveva avviato un panificio in città, e nel 1990 la sua idea imprenditoriale ha cambiato pelle”. Laurieri avviò un opificio nell’area industriale, “si trattava di 1.000 mq in affitto”, e le esportazioni già superavano la domanda locale.
Franco Laurieri ha imparato l’inglese alla soglia dei 50 anni. “C’era la lira e si faceva ancora dogana, ma mio padre ha sempre creduto nell’export, scelta premiata da una crescita costante. Oggi abbiamo un opificio di 16.000 mq”. 65 dipendenti, 4 linee di produzione e una capacità produttiva di un milione di monoporzioni al giorno, “e da giugno partirà il senza glutine in un opificio adiacente”.
Poi è arrivata l’occasione Alitalia: “Oggi siamo fornitori di Luftansa, Air France, Swissair, American Airlines. Per questi clienti conta l’affidabilità e la qualità, il prezzo passa in secondo piano, e noi siamo in una fascia medio alta: gli Scrocchi da 175 grammi sono al supermercato a 1,79 euro”. È il prodotto di punta: patatine sottilissime di pane condite con olio d’oliva. “Abbiamo una lista ingredienti media di massimo 10 item. Vicini alla Puglia, le farine e gli olii li prendiamo lì, coprendo già il 95% del fabbisogno. Tutti i nostri prodotti sono senza coloranti né conservanti o Ogm, e sono vegani, tranne gli amaretti che contengono uovo”.
La scelta di vendere all’estero è stata premiante: “I nostri dipendenti non hanno conosciuto la cassa integrazione. Il fatturato della grande distribuzione (Gdo) ha compensato il blocco dei trasporti durante il lockdown”. Ma quali sono i requisiti richiesti per diventare fornitori di aziende internazionali? “Di sicuro le certificazioni. Quella kosher e halal, ad esempio. Abbiamo rapporti commerciali diretti con Israele e gli Emirati Arabi, ma anche nella Gdo degli Usa la certificazione kosher è richiesta. Abbiamo certificato tutta l’azienda, si tratta di linee molto simili: non devono contenere carni, né latte o alcol”. E anche la sostenibilità gioca la sua parte: “Ricicliamo l’80% dei rifiuti prodotti, vendiamo la carta, l’organico viene venduto ai mangimifici, produciamo una piccola parte di indifferenziato che va smaltito”.