Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, lancia l’allarme: oltre 3 miliardi di persone soffrono di malnutrizione, sul numero di marzo 2023 di Fortune Italia.
Nel mondo ci sono centinaia di milioni di persone che patiscono la fame, soffrono di malnutrizione. Milioni di persone che muoiono di fame. In questo contesto drammatico la popolazione mondiale aumenta e le risorse alimentari diminuiscono, con squilibri nell’accesso al cibo che non sono più sostenibili. Di questa emergenza planetaria, che ogni anno fa cento volte più vittime di qualunque pandemia sanitaria, abbiamo discusso con Maurizio Martina, vicedirettore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, in sigla Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations), istituto creato con lo scopo di contribuire ad accrescere i livelli di nutrizione, aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita economica mondiale nel territorio.
A Maurizio Martina abbiamo chiesto subito qual è il ruolo della Fao nel cercare di arginare gli squilibri nell’accesso al cibo.
Nei primi anni 2000 la lotta alla fame e alla malnutrizione registrava piccoli, ma ripetuti successi anno dopo anno. Il numero di chi soffriva di fame o malnutrizione era sceso da 840 milioni nel 2000 a meno di 780 milioni l’anno nel 2015. Gli ultimi dati della Fao disegnano invece uno scenario allarmante con 828 milioni di persone che hanno sofferto la fame nel 2021, vale a dire 150 milioni di persone in più dal 2019, prima dello scoppio della pandemia di Covid-19. Prendendo in considerazione anche gli aspetti nutrizionali e di salute, si stima che 3,1 miliardi di persone in tutto il mondo non abbiano accesso a una dieta sana.
La crescita nel settore agricolo è fondamentale per ridurre la povertà e la fame in molti paesi a reddito medio-basso. Dobbiamo produrre di più (e meglio), con meno acqua, un uso più efficiente dei fertilizzanti e ridurre perdite e sprechi alimentari che attualmente potrebbero sfamare oltre 1,2 miliardi di persone.
Che cos’è l’Agenda 2030 dell’Onu?
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel 2015 dai membri delle Nazioni Unite a New York. È costituita da 17 Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile (Sdg) da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il 2030. In pratica, l’agenda globale 2030 ci costringe a riconoscere l’interdipendenza e la complessità delle economie moderne e la contemporanea urgente necessità di apportare cambiamenti su larga scala. Al centro dell’Agenda 2030 c’è la trasformazione dei sistemi agroalimentari, il che significa che dobbiamo trasformare il modo in cui coltiviamo, raccogliamo, immagazziniamo, processiamo, trasportiamo, consumiamo e smaltiamo il nostro cibo. Una trasformazione che assicurerà che i nostri sistemi agroalimentari siano più efficienti, più inclusivi, più resilienti e più sostenibili e adeguati per raggiungere l’Sdg, volto a eliminare la fame.
Lei ha scritto il libro “Cibo sovrano. Le guerre alimentari al tempo del virus” (Mondadori). Le guerre per l’acqua e il cibo non sono novità, purtroppo: ne rischiamo altre per l’accesso al cibo?
Purtroppo, il cibo può rappresentare uno dei casus belli ancora oggi. Non solo. Ci sono anche molti dati che evidenziano un legame tra conflitti e fame, che si rafforzano a vicenda. In quanto elementi della stessa equazione, vanno affrontati insieme per porre fine a questo circolo vizioso. Per essere chiari: affrontare la fame è fondamentale per la stabilità e la pace. E la pace è una conditio sine qua non per eradicare la fame.
Possiamo continuare a pensare che una parte del mondo ha facilità di accesso al cibo e lo spreca in abbondanza e un’altra parte, maggioritaria, non ha cibo e vede messa a rischio la vita di milioni di persone?
Purtroppo, stiamo nuovamente vivendo una divisione tra nord e sud del mondo che qualcuno pensava fosse stata superata con la globalizzazione. La realtà, invece, è più complicata di quanto sembri.
Sicuramente negli anni abbiamo visto Paesi che hanno fatto passi in avanti molto importanti contro la fame e la povertà, primo tra tutti certamente la Cina con la sua impressionante crescita, ma anche il Brasile. Purtroppo, però ci sono ancora tante, troppe, realtà in cui le condizioni di vita, di redditi e di accesso al cibo sono andate peggiorando. Vorrei ricordare che le perdite e gli sprechi alimentari potrebbero sfamare circa 1,26 miliardi di persone all’anno. È evidente che interventi correttivi a livello globale siano non solo necessari, ma anche urgenti.
Cibo sovrano: il cibo serve ad un Paese come la Cina che cresce demograficamente ed economicamente a ritmi vertiginosi, serve all’Africa intera, a Paesi instabili come la Nigeria, all’India dove la popolazione aumenta in maniera esponenziale. Quali sono i rischi che corriamo? La corsa all’accaparramento e all’acquisizione delle terre da parte dei cinesi in Africa?
Ritengo che siamo all’inizio di una nuova fase della globalizzazione. Stiamo vivendo un nuovo assetto globale, che alcuni teorizzano come una nuova ‘globalizzazione selettiva’ nel costruire un equilibrio diverso, più marcato per grandi aree geografiche, in funzione delle diverse caratteristiche locali.
Lei sostiene da tempo che è in atto un gigantesco conflitto di potere sul cibo e la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ne è l’epicentro. Come si può arrivare alla pace visti i rapporti sempre più difficili tra questi due giganti economici e politici globali?
Il tema è costituire un nuovo equilibrio mantenendo due direzioni: uno sguardo aperto al commercio globale con regole più forti del passato, eque e condivise, e contemporaneamente un grande lavoro per rafforzare le autonomie locali e le distintività in termini di approvvigionamenti di prodotti basilari per l’alimentazione. Questi due elementi devono essere necessariamente tenuti in equilibrio.
La questione ‘cibo e fame’ è un dramma che riguarda anche noi europei?
L’Europa deve tenere alta la sua attenzione anche in materia di approvvigionamento e sicurezza alimentare, ma il suo vero tema oggi è l’inflazione alimentare determinata dall’aumento dei costi di produzione, in primis quelli energetici. Questa dinamica sta portando purtroppo tante persone sulla soglia della povertà alimentare con il rischio che si allarghi ulteriormente la forbice della disuguaglianza interna. Uno scenario che dobbiamo assolutamente evitare.