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Tra le prime dieci banche brillano Credem e Mediolanum. L’analisi di Andrea Monticini, docente di Econometria finanziaria all’Università Cattolica di Milano, sul numero di marzo 2023 di Fortune Italia.

Solide e redditive. Le banche europee hanno superato il 2022 caratterizzato dalla crisi economica, dalla guerra in Ucraina e dall’aumento dei prezzi dell’energia, oltre che da tutte le conseguenze che questi fattori hanno innescato sull’intero sistema finanziario del vecchio continente, sostanzialmente in salute.

A confermarlo è il Supervisory Review and Evaluation Process (noto a tutti come Srep), il report firmato dalla Banca Centrale Europea che valuta il processo di revisione e valutazione prudenziale dei nostri istituti di credito. Lo Srep, infatti, si focalizza sullo studio dei requisiti patrimoniali e della gestione dei rischi di più di 100 istituti europei stilandone, attraverso la formazione di un loro profilo costruito su quattro diverse angolazioni – la loro governance e gestione dei rischi, la loro liquidità, il loro modello imprenditoriale e il loro capitale – una classifica di affidabilità.

“Quando il ciclo economico si fa robusto, il primo beneficiario è il sistema bancario”, spiega il professor Andrea Monticini, docente di Econometria Finanziaria all’Università Cattolica di Milano. “La ripresa post pandemia è stata forte e questo, non sorprendentemente, si è riflesso sul settore. Inoltre, si sono verificati elementi aggiuntivi come la spinta inflazionistica, che ha generato l’aumento dei tassi di interesse. Una spinta che in prima battuta ha aumentato il margine d’interesse e ha avuto un impatto benefico sul sistema bancario, specie su quegli istituti che hanno una gestione tradizionale basata sulla raccolta di risparmi ed erogazione di prestiti per i quali questo margine è fonte vitale della loro redditività bancaria”.

Tra le prime 10 banche brillano per risultati positivi anche due istituti del nostro Paese: davanti a tutti Credem, che siede al primo gradino del podio sia come banca italiana sia come prima banca commerciale in Europa, seguita da Mediolanum. Ma a trovare posto nella lista sono anche tante altre, come Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Intesa Sanpaolo, BPER, Banca Iccrea, riferita alle Banche di Credito Cooperativo, Popolare di Sondrio, Finecobank e Mediobanca.

“Il processo di aggregazione e gestione delle varie crisi che ci sono state ha portato il sistema bancario italiano ad essere ben più solido rispetto a quindici anni fa”, chiarisce il professor Monticini. “E avere grazie all’aumento dei tassi questo margine di interesse che riprende fiato produce un sistema più capace di generare ricchezza. Questo è il modo migliore per garantirsi e garantirci la stabilità nel medio termine. Le banche che hanno sofferto negli anni precedenti perché non riuscivano a fare utile a causa dei tassi a zero ora possono godere del ritorno al normale business”. Un settore che, seppur stabile, rispetto ai partner europei fatica a stare al passo con i tempi, soprattutto in ambito digitale. “Un elemento di debolezza del nostro sistema si palesa nella necessità urgente di importanti investimenti sulle nuove tecnologie. Per farvi fronte sono necessarie economie di scala molto forti e quindi il fatto di avere un numero limitato in Italia di grandi banche è un problema. Per attuare tale tipologia di investimenti e gestirli nel modo più efficiente possibile, servono altre aggregazioni.  Oltre a questo, c’è anche la parte legata al cambiamento climatico. Un tema di assoluta rilevanza per tutta la società italiana e di conseguenza anche per le banche”, evidenzia.

In aggiunta, il perdurare delle instabilità macroeconomiche potrebbe far svanire i buoni risultati raggiunti dalla maggior parte degli istituti di credito di tutto il continente, frenare questa resilienza e creare non poche difficoltà a un comparto che – stando al report – a oggi risulta ancora carente, non solo in Italia, sul fronte della governance, della gestione dei rischi, della digitalizzazione e sulle questioni ambientali.

“La sfida successiva infatti – delinea Monticini – è capire se questa fiammata inflazionistica, e il conseguente aumento dei tassi, produrrà una recessione. Se questo dovesse essere il caso, sarebbe evidente che al rialzo dei tassi di interesse si accompagnerà un maggiore numero di prestiti non rimborsati dalle imprese comportando dunque un aggravio, nonché l’altro lato della medaglia, che per adesso nel settore non si è ancora manifestato. La scommessa per ora però è differente. La recessione non ci sarà o, se dovesse avvenire, si ipotizza molto lieve. E se così dovesse essere, la fotografia attuale del sistema bancario in salute continuerebbe a godere di un ciclo economico che, seppur in rallentamento, rimarrebbe comunque sul sentiero di crescita”.

L’European Banking Authority intanto guarda avanti. Per sapere come potrebbero reagire gli istituti di credito di fronte a uno shock imprevisto ed estremo, lancia gli stress test per il triennio 2023- 2025. Le simulazioni vedranno coinvolti 70 istituti bancari rispetto a quello che potrebbe essere uno scenario base e uno macroeconomico “ipotetico, severo, plausibile e improbabile”. Il totale delle banche scelte costituisce il 75% degli asset del comparto europeo.

Tra le italiane esaminate presenti nello stress test pilota Intesa Sanpaolo, Mediobanca Mps, Bpm, Cassa Centrale Banca – Credito Cooperativo Italiano, Bper, Credito Emiliano, Iccrea – Istituto Centrale del Credito Cooperativo, – Banca di Credito Finanziario e UniCredit.

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