Dal 24 gennaio è entrato in vigore il Regolamento di esecuzione che autorizza la commercializzazione in Europa della polvere parzialmente sgrassata di grillo. C’è chi, come il cuoco a domicilio Gunther Wolff, si è già messo ai fornelli, e chi come lo chef stellato Nino Di Costanzo (nella foto in evidenza) teme che questo possa trasformarsi in una minaccia per la nostra cultura gastronomica. Che tutto il mondo ci invidia.
Ogni cibo che oggi fa parte della tradizione è stato anche solo per un momento il nuovo: il futuro, l’esotico. “Come il pomodoro sbarcato in Spagna nel 1540, dall’America all’Europa. Non trovò subito fortuna”, spiega Gunther Wolff, chef marchigiano. Che intanto ne affetta uno con il pensiero. Gli abbiamo chiesto di proporci una ricetta creativa che avesse come unico ingrediente obbligatorio i grilli. E ha deciso di accostarli a un elemento simbolo della cucina italiana: il pomodoro. Perché, come sostiene un altro capocuoco stellato, Nino Di Costanzo, “non è possibile innovare dimenticando le radici”.
La verità è che Di Costanzo lo dice con un tono un po’ alterato. “Novel food? Io guardo molto al passato e cerco di portare in tavola la tradizione, valorizzando il territorio. Alcuni parlano di miliardi di euro di giro d’affari tra qualche anno. Mi limito a dire che dobbiamo salvaguardare al meglio le nostre eccellenze”, quasi tuona al telefono lo chef del Dani Maison di Ischia, che prima di rispondere ci ha tenuti in attesa mentre affidava compiti in sala. “Dovete asciugarlo per bene e poi farlo soffriggere”, ordina. Gli chiediamo che cosa stanno cucinando. “Di certo non un grillo”. Il Dani Maison ha ottenuto due stelle Michelin nel 2023. È la casa di famiglia di Nino Di Costanzo trasformata in ristorante e lo chef ha un legame viscerale con quel pezzo di terra e con tutta l’isola partenopea. Ma non solo. Con il meridione e l’Italia intera. “La logica è chiara: un turista che viene nel nostro Paese vuole conoscerne i sapori e gli odori. Mica la consistenza di un grillo che potrebbe mangiare ovunque. Rispetto le culture altrui. Proprio per questo dico: che si rispetti anzitutto la nostra”.
Il ‘novel food’ comprende tutte quelle sostanze, alimenti o ingredienti ‘nuovi’, che non fanno parte delle abitudini culinarie europee. Nel 2023 la Commissione europea ha dato il via libera a una serie di questi e dal 24 gennaio è entrato in vigore il Regolamento di esecuzione che autorizza la commercializzazione negli Stati membri della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus: ossia di grillo domestico. Sono anni che la nostra cucina diventa sempre più sperimentale. “I nostri nonni mangiavano cose buone, coltivate e allevate in modo sano. La dieta mediterranea è un vanto. Vogliamo innovare perché qualcuno ci ha raccontato che i grilli sono innovazione? Sì, ma non facciamo morire ciò che ci ha portati fin qui”, dice Di Costanzo. Secondo lo chef ischitano nel nostro Paese più che mancare una cultura alimentare manca quel trasferimento di informazioni in fatto di cibo che è stato il passaggio fondamentale da una generazione all’altra. “Vedo giovani a cui viene insegnato come fare una sfera al caramello e non una pappa al pomodoro. Le cose semplici, non sono così semplici”, sentenzia.
A quasi cinquecento chilometri di distanza da lui però, un altro uomo col cappello bianco continua a tagliare a metà il suo pomodoro immaginario e la pensa diversamente. Il nome inganna. “Mio padre era tedesco, ma io sono nato ad Ancona”, si presenta subito Wolff, che è chef stellato e lavora in un hotel di lusso da aprile a ottobre ma il resto dell’anno è un cuoco a domicilio. E cucina grilli. “Nel 2019 la mia passione per il cibo mi ha portato in visita alla Nutrinsect, l’azienda di Montecassiano, in provincia di Macerata, che alleva grilli. Qui ho stretto amicizia con i fondatori che mi hanno regalato della farina, o meglio della polvere. Nel giro di pochi mesi è arrivata la pandemia e chiuso in casa mi sono divertito a sperimentare. Sulle confezioni della farina c’era scritto ‘non adatta al consumo umano’, ma io ho preparato una pizza. Non ho più smesso di utilizzarla”, racconta Wolff.
Adesso la gente gli chiede di cucinare grilli in privato. “Cucino per persone sole, coppie, ma anche a cerimonie o feste. Mentre cucino c’è chi fa smorfie. Ma quando poi provano i piatti non si tirano indietro. È un sapore nuovo, sta tutto ad abbattere una barriera culturale”, è convinto lo chef. Che è la testimonianza che un piccolo mercato già c’è. Destinato a crescere soprattutto per la curiosità e l’attenzione alla sostenibilità da parte delle nuove generazioni temute da Di Costanzo.
In media, per produrre un chilo di carne di manzo occorrono 15.000 litri d’acqua. Produrre un etto di grilli richiede 1,2 litri d’acqua: poco più che una bottiglia di minerale. “Non dico che gli insetti salveranno il mondo, però – lascia intendere Wolff – il futuro va abbracciato, ogni tanto. Poi non credo che i grilli potranno sostituire del tutto alimenti della nostra quotidianità. Al limite il fenomeno si estenderà e diventerà una moda, come è successo con il pesce crudo. Sono pronto a scommettere che i primi prodotti con farina di grillo saranno quelli per gli sportivi, a causa dell’elevato apporto proteico. Ma ci vorrà del tempo”. “E comunque – continua – se proprio insiste, una ricetta col grillo posso dargliela. L’ho ribattezzata ‘tortello iperproteico’ perché è un raviolo a cui all’uovo aggiungo una percentuale di farina di grillo, farcito con tonno fresco e pomodoro. Vede? Il vecchio e il nuovo che coestistono”. Chissà se il tortello iperproteico troverà fortuna.