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Novel food e agroalimentare, tutti i rischi per un settore da 522 mld

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Velasco25 Articolo

Gli insetti sono la nuova frontiera del cibo in Europa. La dieta mediterranea è in pericolo? La cultura gastronomica fra tradizione e novel food  

Farina 00, farina di semola, farina di grilli. Abituiamoci. Sugli scaffali dei supermercati sono arrivati i cosiddetti ‘novel food’, dopo che l’Unione Europea ha dato il suo via libera alla commercializzazione dell’Acheta domesticus, il grillo domestico, sotto forma di polvere parzialmente sgrassata. Il semaforo verde al suo commercio arriva dopo che, nel luglio 2020, la Commissione ha chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare di effettuare una valutazione. Il 23 marzo 2022 l’Efsa ha adottato un parere scientifico sulla sua sicurezza e lo ha classificato come nuovo alimento. La nuova norma è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale comunitaria e dal 24 gennaio 2023 il regolamento ne ha autorizzato definitivamente l’utilizzo e il commercio, anche in Italia. Per la Commissione il grillo domestico è sicuro.

Da un lato c’è Bruxelles che vede gli insetti, e le proteine alternative in generale, come una risposta all’aumento del costo delle proteine animali, del loro impatto ambientale, dell’insicurezza alimentare, della crescita della popolazione e della corrispondente crescente domanda di proteine tra le classi medie. Dall’altro lato ci sono le resistenze culturali che ‘ci impongono’ di non cedere al novel food, di non ‘tradire’ il nostro concetto di ‘buon cibo’. Fatto sta che nella patria della dieta mediterranea le resistenze si sono fatte subito sentire da parte dei cittadini, ma anche delle istituzioni. Quello degli insetti è un tabù alimentare non da poco.
Su metodo di produzione, provenienza e potenziale allergenico, l’approccio Ue non convince tutti. Per Coldiretti “la grande maggioranza degli italiani non porterebbe mai a tavola gli insetti, considerati estranei alla cultura alimentare nazionale”. Secondo un’indagine Coldiretti/Ixe, “il 54% degli italiani è contrario agli insetti a tavola, mentre è indifferente il 24%, favorevole il 16% e non risponde il 6%”. D’accordo anche Filiera Italia, per cui “è un gioco in malafede promuoverli per una dieta sostenibile in alternativa alla nostra”.

Sicuramente esistono alimenti che fanno bene e alimenti che fanno male. Ma esiste davvero il cibo buono e quello cattivo al nostro palato? Oppure si tratta solo di resistenze contestuali? L’uso di farina di grilli come fonte alternativa di proteine, ad esempio, non è nuovo in molte parti del mondo. Secondo la Fao circa 2 miliardi di persone consumano abitudinariamente insetti. Quello che piace in Paesi distanti culturalmente da noi, molto spesso non ci piace. Allo stesso modo, quello che piace tanto a noi, può non piacere a loro. Un esempio. Latte e formaggi sono ingredienti che in passato erano praticamente inutilizzati nella cucina cinese. La ragione è culturale: i latticini erano consumati soltanto dai popoli nomadi ai margini della società, che venivano considerati barbari. Un pregiudizio che poi ha fatto eco sulla cucina, ma anche sulle abitudini e sulla capacità di digerire il latte da parte della popolazione cinese. Colonizzazione europea e globalizzazione hanno poi fatto sì che anche in Oriente si cambiassero alcune abitudini alimentari. Solo alcune però, perché la loro dieta è rimasta perlopiù intatta.

Gli insetti a tavola sono l’ultima follia della globalizzazione o un buon metodo per provare a superare in parte le problematiche di sostenibilità ambientale? Con l’introduzione dei ‘novel food’ c’è davvero in gioco la nostra dieta, il nostro concetto di alimentazione? Oppure si tratta solo di aggiungere un nuovo ingrediente al nostro menù? Con un pizzico di presunzione, possiamo sicuramente dire che il cibo italiano è tra i preferiti al mondo, ma se riuscissimo per un attimo ad uscire da questa impostazione culturale occidentale, riusciremmo ad accettare anche altri cibi, a intraprendere nuovi percorsi culinari? C’è di fatto che il nostro concetto di cucina è da difendere. Quando un turista arriva in Italia, non compra solo souvenir e t-shirt, ma pasta, olio, vino. Il turismo enogastronomico è un pilastro determinante per lo sviluppo dell’Italia, raggiunge un valore di ben 5 miliardi di euro. Secondo il Crea, con oltre 522 miliardi di euro, il sistema agroalimentare italiano rappresenta il 15% del Pil nazionale, classificandosi primo in Europa per valore aggiunto agricolo. Un trend che potrebbe migliorare, sottolinea Coldiretti, con una più efficace tutela nei confronti della agropirateria internazionale il cui valore è salito a 120 mld. Una vera piaga per il nostro commercio: il business criminale delle agromafie distrugge la concorrenza e il libero mercato legale, soffocando l’imprenditoria onesta e la sicurezza dei prodotti.

Ma come si può fare a riconoscere i prodotti, gli alimenti di qualità? Sempre l’Unione Europea sta valutando l’adozione del sistema di etichettatura Nutriscore che, come un semaforo indica i cibi sani con il verde e i cibi poco favorevoli alla salute con il rosso. Un sistema di classificazione che però è basato esclusivamente sulle caratteristiche nutrizionali di un alimento, senza considerare altri elementi come il livello di lavorazione industriale. Potremmo vedere un semaforo verde ad un prodotto sicuro ma ‘ultraprocessato’ e che, quindi, potrebbe non avere gli stessi benefici di un prodotto fresco. Il sistema classifica il singolo alimento isolandolo dal resto della dieta, e anche questo potrebbe essere controproducente. Un sistema che attualmente non raccoglie consenso unanime, soprattutto dall’Italia che ha proposto un’etichettatura alternativa: la Nutrinform Battery,  che permette di rappresentare graficamente in etichetta la percentuale assunta di energia e nutrienti rispetto alla porzione di consumo consigliata dell’alimento.

La sicurezza alimentare dei cittadini europei è in pericolo? Il nostro potrebbe essere classificato come ‘sovranismo alimentare’, oppure possiamo dire di sì a ‘Frankenstein nel piatto’ (copyright Coldiretti)? Sicuramente nessuno di noi immaginerà di sostituire totalmente i piatti tradizionali della nostra cucina con l’Acheta domesticus. Qualcuno invece penserà che, in fondo, provare cibi nuovi non è così terribile. Gusto permettendo. C’è chi crede che i novel food vadano nella direzione opposta a quella che è la nostra idea di cibo, basata sulla valorizzazione delle produzioni agricole, simbolo di alta qualità e identificative delle tradizioni nazionali e chi, invece, ne predilige il consumo perché decisamente più rispettoso dell’ambiente. Questione di scelte. Come sempre.

 

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