Lo scenario geopolitico e la pandemia hanno impattato sulla ricerca e sulla farmaceutica. E per l’Europa la sfida è quella di restare motore dell’innovazione nel settore. Parla Hubertus von Baumbach, Chief Executive Officer e presidente del Board dei Managing director di Boehringer Ingelheim
La guerra in Ucraina e l’aumento dei costi di energia e materie prime hanno impattato anche sul settore farmaceutico. Quali sono le prospettive a livello europeo?
Senza dubbio le conseguenze della guerra in Ucraina, gli elevati prezzi dell’energia e l’inflazione continueranno a incombere sull’economia nei mesi, forse persino negli anni a venire, e avranno un impatto sul nostro impegno a offrire al maggior numero di persone possibile l’accesso a farmaci di alta qualità.
Anche in Italia i prezzi elevati dell’energia necessaria alla produzione e delle materie prime rappresentano una sfida importante per noi e per questo auspicheremmo misure a supporto del comparto, volte a garantire la continuità della produzione e della fornitura dei farmaci.
Entro la fine dell’anno la Commissione europea pubblicherà il suo “pacchetto farmaceutico”, che potrebbe rappresentare la più estesa revisione della legislazione farmaceutica dell’Ue da oltre 20 anni, e che ridisegnerà il contesto giuridico, regolatorio e commerciale del settore, dettando i presupposti per i prossimi 20 anni. Per gran parte del secolo scorso, l’Europa è stata il motore dell’innovazione farmaceutica a livello mondiale. In Europa sono state infatti scoperte, sviluppate e rese disponibili per la prima volta nuove terapie per il cancro, le malattie cardiovascolari, le malattie infettive o le patologie neurologiche. Oggi il numero di sperimentazioni cliniche attive per trattamenti all’avanguardia è il doppio rispetto a quello degli Stati Uniti e quasi il triplo di quello cinese.
È importante quindi cogliere l’opportunità rappresentata da questo nuovo ‘pacchetto farmaceutico’ per rilanciare il ruolo dell’Europa come guida dell’innovazione per quanto riguarda gli strumenti diagnostici, le terapie e i vaccini. L’Europa ha bisogno di un ecosistema di ricerca vivace e interconnesso, in grado non solo di migliorare il supporto ai pazienti e di supportare i risultati economici e la resilienza, ma anche di favorire ulteriormente l’efficienza dei sistemi sanitari. Il nuovo pacchetto europeo può stimolare questo ecosistema.
Parlando di sfide, ritiene che la pandemia di Covid-19 abbia cambiato il settore farmaceutico? Quali sono le minacce che potrebbero presentarsi in futuro, ed è possibile evitare che si ripetano stravolgimenti di questo genere?
Abbiamo vissuto in prima persona la devastante portata dei costi umani ed economici della pandemia da Covid-19, di cui l’Italia è stata l’epicentro. Il mondo intero si è immediatamente rivolto all’industria bio-farmaceutica perché venisse trovata una via d’uscita dalla pandemia. E l’industria ha risposto molto velocemente. La pandemia è stata un campanello d’allarme che ci ha fatto comprendere la necessità di un ecosistema di ricerca e sviluppo in grado di rispondere alle minacce globali, attuali e future.
Prendiamo ad esempio il problema della resistenza antimicrobica. Ogni anno, l’uso eccessivo e inappropriato di antibiotici provoca circa 700.000 vittime nel mondo. Secondo le previsioni, entro il 2050 il problema della resistenza agli antibiotici causerà fino a 10 milioni di morti in tutto il mondo, rendendo i cosiddetti ‘superbatteri’, potenzialmente più letali del cancro. Oggi abbiamo a disposizione antibiotici efficaci per ogni necessità, dall’estrazione del dente del giudizio al trapianto di organi, fino alla chemioterapia. Ma quasi tutti gli antibiotici a nostra disposizione derivano da ricerche di oltre 35 anni fa, e la situazione deve cambiare. Boehringer Ingelheim ha costituito una joint-venture, denominata Aurobac, con la tedesca Evotec e la francese bioMérieux, con lo scopo di sviluppare una nuova generazione di antimicrobici e di strumenti diagnostici più rapidi. Abbiamo anche aderito all’Amr Action Fund, nel quale l’industria farmaceutica ha stanziato oltre 1 mld di dollari per finanziare la ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici efficaci. Nel 2015 i Paesi del G7 hanno posto la resistenza antimicrobica in primo piano nell’agenda. Spero davvero che i governi continuino a considerare questo aspetto come una priorità assoluta.
La scienza e la ricerca farmaceutica sembrano essere la risposta alla maggior parte dei problemi che probabilmente dovremo affrontare nel prossimo futuro. Ma per la ricerca serve tempo. Pensa che sia possibile ottimizzare il processo e, più in generale, renderlo più efficiente, senza intaccare la sicurezza? E, a proposito di ricerca, in che direzione state andando in BE e quali sono i principali elementi della vostra pipeline di sviluppo?
Le attività di ricerca e sviluppo sono fondamentali per noi, così come per tutta l’industria farmaceutica. Per questo motivo Boehringer Ingelheim ha stanziato, per i prossimi cinque anni, 25 mld di euro di investimenti in ricerca e sviluppo e altri 7 mld di euro per nuove tecnologie di produzione. Abbiamo otto farmaci per uso umano in fase di sperimentazione finale, che potrebbero tradursi in 15 nuovi prodotti disponibili sul mercato entro il 2027 nelle aree delle malattie cardiometaboliche, della salute mentale, del cancro e dell’immunologia. Abbiamo anche un’interessantissima pipeline di prodotti per la salute animale, che vedrà l’arrivo sul mercato di molti nuovi prodotti quest’anno e nei prossimi anni.
Nel 2022 Boehringer Ingelheim ha festeggiato il 50° anno di attività in Italia. Dal suo punto di vista di manager globale e presidente dell’Efpia, quali sono le sfide e le opportunità interne all’Italia?
Quello che ci guida è l’impegno a supporto dei pazienti. L’innovazione è la chiave che ci permetterà di tener fede alla nostra promessa di fornire risposte ai bisogni medici per i quali non esiste ancora una terapia efficace. Nuovi strumenti di diagnosi, trattamenti e vaccini possono cambiare la vita delle persone e degli animali, e proteggere l’intera comunità e le diverse popolazioni. Le prospettive per i pazienti sono migliori in quei Paesi nei quali sono presenti centri di eccellenza dedicati alle malattie, e nei quali esiste un ecosistema di ricerca e sviluppo attivo. Un paziente oncologico ha maggiori possibilità di accedere alle ultime innovazioni nel campo delle cure per il cancro se vive vicino al luogo in cui si svolgono gli studi clinici. Per questo motivo il settore farmaceutico in Europa deve avere un clima fortemente votato all’innovazione, che ci permetta di continuare a realizzare innovazione e dare ai pazienti un futuro più sano.