PGIM_970x250_HEADER

Intervista a Tommaso Longobardi, social media manager della premier Giorgia Meloni | VIDEO

Tommaso Longobardi social Giorgia Meloni
PGIM_970x250_ARTICOLO
Velasco25 Articolo

Bisogna avere molta sensibilità politica, attitudine alla comunicazione, attenzione a ciò che piace alla gente per fare il social media manager di un politico. Se poi lo fai per un premier, diventa totalizzante. Il lavoro riempie le giornate senza soluzione di continuità. Il confine tra professione e vita privata si assottiglia sempre di più. “Sacrifici, ma anche tante soddisfazioni”, come ci dice Tommaso Longobardi (nella foto in evidenza), dal 2018 responsabile della comunicazione digital di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia. Oggi Longobardi è anche esperto senior dei social network a Palazzo Chigi. Classe 1991, laureato in psicologia, con un passato fatto di consulenze tra profili social di diverse aziende, cinque anni fa ha fatto una scelta: quella di mollare tutto e seguire Giorgia Meloni, quando il suo partito era al 3% nel nostro Paese, per farla sbarcare ufficialmente sulle piattaforme digitali. Perché la politica è social. Perché la politica non può più fare a meno dei social. Perché i social sono uno strumento di comunicazione indispensabile, efficace e nient’altro che scontato da saper utilizzare. Ed è per questo che servono sempre più professionisti del settore. Il rischio, altrimenti, è “avere dei boomerang sulla comunicazione, difficilmente gestibili a posteriori”.

Tommaso Longobardi social Giorgia Meloni
Tommaso Longobardi con la premier Giorgia Meloni

Cosa significa essere l’uomo ombra del primo premier donna e vivere la politica dentro i palazzi, da protagonista ghostwriter, stando sempre un passo indietro?

Sicuramente è un privilegio, ma è soprattutto una responsabilità. Vivere nell’ombra non è un problema, anzi è giusto che la comunicazione stia sempre un passo indietro rispetto alla politica, che è la vera protagonista di questo mondo. Naturalmente, le dinamiche sono parecchio cambiate negli ultimi tempi, da quando Giorgia Meloni è diventata premier. Ora l’attività è istituzionale, ci sono meno impegni sul territorio e più dentro Palazzo Chigi, quindi il ruolo dei social è più legato a un lavoro da remoto.

Comunicare messaggi politici di una leader dell’opposizione è un conto, spiegare quello che fa invece un premier, vertice di una istituzione così importante come il Governo del Paese, è tutt’altro.

Sono due universi a parte. Quando si è all’opposizione il livello di comunicazione è decisamente diverso ed è molto legato a una ‘tonalità di battaglia’. Quando si è in maggioranza e si diventa premier, naturalmente cambiano i toni, la comunicazione si adatta all’istituzionalità del Governo che si guida. A livello comunicativo si ha molta più libertà creativa quando si è all’opposizione, perché si può spaziare in maniera vertiginosa su diverse tematiche, anche con una certa veemenza. È giusto così.

Lei ha 32 anni, romano, una laurea in psicologia. Come è arrivato il suo curriculum sulla scrivania di Giorgia Meloni?

Quando studiavo scienze psicologiche, sinceramente non avrei mai pensato di arrivare a questo tipo di percorso lavorativo. Amavo la psicologia sociale, quindi i fenomeni collettivi, legati ai gruppi. Dall’altro lato però mi spingeva un grosso interesse per la politica. Ho iniziato con i social, curando alcune pagine e alcune community politiche. Dopo sono entrato nella Casaleggio Associati (studio di consulenza strategica di rete per le aziende fondata da Gianroberto Casaleggio, ndr), che mi ha permesso di crescere, e poi ho proseguito come libero professionista, sia per alcuni esponenti politici che per il ramo aziendale. Mi sono mosso personalmente per arrivare alla leader di Fratelli d’Italia, fino a quando sono stato chiamato per curare la sua campagna elettorale nel 2018. Ci siamo trovati molto bene a lavorare insieme e ho proseguito questo percorso, fino ad oggi.

Ci si è resi conto anche all’interno della politica dell’importanza della figura di un social media strategist.

Nel 2018 lo avevano già capito bene Lega e Movimento 5 Stelle. C’è stato però un problema iniziale con i partiti perché, come è successo anche in diversi contesti professionali, si tendeva ad affidare l’apparato social a persone che già erano interne alla comunicazione, quindi magari all’ufficio stampa. Quando si è capito che quello dei network digitali era un mondo a parte che doveva essere curato da professionisti del settore, si è iniziato a valorizzare questa nuova figura che non esisteva. Io sono capitato nel 2018, proprio in quel momento, all’interno di Fratelli d’Italia.

Ci sono peculiarità che una donna alla guida di un Paese può avere e che un social media manager deve comunicare?

Bisogna avere le spalle molto larghe per essere una donna alla guida del Paese. Posso dirlo perché vedo tutti i giorni quello che accade dentro e fuori i palazzi della politica. Facciamo un esempio: se si deve attaccare un politico uomo, lo si fa sul piano politico; quando lo si deve fare nei confronti di una donna, molto spesso si trascende sul piano personale. E ricevere attacchi personali, è molto più impattante a livello emotivo. Prendiamo il viaggio istituzionale del premier a Bali. Le polemiche sulla Meloni si sono tutte concentrate sull’aver portato sua figlia durante il viaggio istituzionale. Nessuno in passato se ne era preoccupato nel caso di premier uomini. E poi, in teoria, è stata anche una bella immagine vedere una mamma portare con sé sua figlia, proprio in virtù dell’essere donna e mamma. Un’immagine positiva a livello umano e a livello comunicativo. Io credo che purtroppo spesso il fatto di essere donna, ma anche essere di destra, porti ad attacchi strumentali che non rendono giustizia a quello che è un fatto. E qui il fatto oggettivo è che abbiamo per la prima volta nella storia un premier donna. Una buona notizia per tutti.

“Almeno lei è coerente”, è una frase che abbiamo spesso sentito su Giorgia Meloni, anche durante le ultime elezioni. Quanto lavoro di comunicazione c’è sulla ‘coerenza’ di un politico che fa quello che dice e dice quello che vuole fare?

La comunicazione arriva dopo, rispetto al messaggio. Bisogna dimostrare coerenza, prima di divulgarla. Giorgia Meloni l’ha sempre dimostrata negli anni, anche rinunciando a fare accordi con partiti con cui non andava d’accordo. Si è rispettata una ‘linea politica coerente’, questo è il primo tassello. Tutto poi viene a cascata, anche la comunicazione. Se la coerenza c’è stata ed è effettivamente percepibile dai cittadini, allora la comunicazione non ha bisogno di fare molto lavoro per divulgarla.

“Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana”. È diventata una vera e propria hit nel 2019 il remix del discorso di Giorgia Meloni a Piazza San Giovanni a Roma. Oltre 13 milioni di visualizzazioni solo su Youtube, ma se calcoliamo tutte le pagine social perdiamo il conto. È stata un’operazione per ‘normalizzare’ la figura della leader?

È uno dei capitoli più divertenti della mia fase lavorativa con Giorgia Meloni. Il discorso sul palco di San Giovanni era stato fatto molto tempo prima dell’uscita della canzone. Quando è venuto fuori questo remix, i social sono impazziti. Chi ha pensato la canzone, aveva l’intenzione non poco velata di banalizzare quello che Giorgia aveva detto al comizio. Di lì a poco ci siamo resi conto che l’effetto era stato esattamente contrario. In pochi giorni è diventato un trend sui social, la gente ha iniziato a cantarla per strada. Si è raggiunto un target difficilmente avvicinabile alla politica, quello dei giovani. C’era chi la cantava simpatizzando per lei e chi lo faceva perché non ne condivideva i concetti.

Però c’era anche chi la cantava in maniera neutrale, quindi di fatto portando ancora più notorietà alla leader. Bisogna ringraziare chi l’ha inventata?

Esattamente. La misura di questo ce l’ha data la fine di questo trend. Andando a vedere la linea del gradimento, c’è una fase pre e post canzone. Non possiamo provare la correlazione diretta, ma c’è stata una rilevante crescita netta della popolarità.

È anche questo un modo per avvicinare la politica ai giovani?

Sì e no. Un conto è il trend che nasce spontaneamente, e che quindi ti travolge, e un conto è il politico che cerca di crearla di sua iniziativa. I giovani non si aspettano di vedere dei politici ballare su TikTok. Si aspettano temi e proposte serie, che guidino le nuove generazioni e rispettino le loro richieste. Alcuni politici, quando sono entrati sui social, hanno azzardato un po’ troppo e il risultato non è stato buono. Se sei un politico, devi rimanere tale e fare bene il tuo lavoro, senza far diventare i messaggi troppo pop, altrimenti si rischia di diventare ridicoli. E questo un social media manager deve assolutamente evitarlo.

PGIM_300x600_ARTICOLO side
PS25 Box

Leggi anche

Ultima ora

Iscriviti alla nostra Newsletter

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.