Acciaierie d’Italia ha accolto la richiesta di incontro arrivata da Fiom, Fim e Uilm. Lunedì si comincia a discutere in Senato: c’è la prima tornata di audizioni in Commissione Industria sul Dl per i siti strategici di interesse nazionale, con le norme per l’ex Ilva, che le posizioni appaiono già di scontro.
I sindacati accusano di “gestione fallimentare” l’attuale socio di maggioranza, ArcelorMittal, e chiedono di accelerare il passaggio del controllo ad Invitalia: sarebbe “fatale per il gruppo siderurgico e per i lavoratori” attendere la scadenza fissata al 2024, avverte la Fiom che, con questo obiettivo, chiede anche di rendere “immediatamente esigibile” la corsia preferenziale per l’amministrazione straordinaria prevista dal decreto.
I dubbi di costituzionalità del decreto
E’ uno dei punti contestati dall’azienda: l’ad Lucia Morselli che riferisce di un parere chiesto al costituzionalista Sabino Cassese, indica ai senatori che ci sarebbero problemi di “seria incostituzionalità”. Le distanze sono anche sullo scudo penale. Lucia Morselli chiede di più: la norma sui sequestri, per essere applicabile all’acciaieria – dice – “va estesa anche a chi ne ha chiesto la revoca e gli è stata negata”; chiede poi che il decreto preveda anche “che la confisca facoltativa non possa essere applicata”.
I sindacati chiedono invece qualche passo indietro, soprattutto per non correre il rischio “di far sparire” – come dice la Fiom con il segretario nazionale Gianni Venturi – ogni responsabilità su temi che considerano “materia assolutamente indisponibile”, come la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Per l’Usb per come è formulata la norma lo scudo “appare molto, molto pericoloso”. Tra le richieste dell’azienda, anche quella di “centralizzare a Roma” la giurisdizione amministrativa, al Tar del Lazio, e le ordinanze delle autorità locali prevedendo che vengano emesse “di concerto” con il ministero dell’Ambiente.
Le critiche dei sindacati
Per il segretario generale della Uil, Rocco Palombella, “l’attuale situazione dell’ex Ilva è drammatica”, dopo “quattro anni di gestione fallimentare”, dice: “l’unica soluzione, per evitare l’ulteriore sperpero di denaro pubblico e un disastro ambientale e occupazionale ingestibile, è quella di vincolare i 750 milioni (i finanziamenti dai soci previsti dal decreto, 680 milioni di competenza del socio pubblico) al contestuale cambio di maggioranza e quindi della governance. In alternativa, lo Stato si riappropri del bene strategico per evidenti inadempienze contrattuali”.
Anche la Fim, che con il segretario nazionale Valerio D’Alò chiede che i finanziamenti siano vincolati ad un cronoprogramma di investimenti per rilanciare produzione e occupazione, chiede che il passaggio del controllo al socio pubblico “non si determini per il 2024”.
L’audizione di Bernabè
Tra i senatori c’è chi chiede che venga in audizione anche il presidente Franco Bernabè perché espressione del socio pubblico. Lucia Morselli ribatte: “Non accetto di essere considerata il rappresentante di un socio straniero, io sono il capo dell’azienda Acciaierie d’Italia. Punto. Posso garantirvi che tutto il cda lavora, insieme, per il successo della società a prescindere dalle nomine”.