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Covid, boom di richieste per i logopedisti (che non ci sono)

logopedisti

Non solo bambini con dislessia, balbuzie, disfagia, disturbi dell’apprendimento e del linguaggio. L’incremento dei ricoveri in terapia intensiva e dei pazienti intubati per Covid ha aumentato del 30% i casi in cui è stato necessario un percorso riabilitativo con dei logopedisti.

Con la pandemia le richieste di un loro intervento sono schizzate alle stelle (+30%) per la riabilitazione del linguaggio dei pazienti dimessi dalle terapie intensive. Per tutta risposta i logopedisti si sono subito attrezzati, in due modi: attivando un sistema di logopedia a distanza e tele-assistenza molto efficace e varando per primi delle linee guida che sono state subito prese a modello all’estero. Ma tutto questo è avvenuto sulle spalle di una categoria drammaticamente sottodimensionata per numeri: basti pensare che nel nostro Paese ci sono circa 15 mila specialisti, 24 ogni 100 mila abitanti, contro una media europea di 40 per 100 mila.

Calcolando 60 milioni di abitanti, parliamo di 10 mila professionisti mancanti. Le difficoltà per la categoria dunque sono aumentate, nonostante medici, pazienti e caregiver siano consapevoli dell’importanza cruciale di questa figura per la salute del cittadino. È la fotografia che emerge dal primo “Libro Bianco della Logopedia”, un’indagine sul modo in cui viene vissuto il ruolo del logopedista sia dalle altre professioni sanitarie sia dal management del sistema sanitario. Realizzato dalla società di ricerche demoscopiche Datanalysis, ha coinvolto 2.100 tra medici di famiglia, pediatri, geriatri, neurologi e fisiatri e 200 tra direttori generali e direttori sanitari di Asl e Aziende ospedaliere, in tutta Italia. Si attende ora di vedere come si potrà agire tramite il Pnrr anche in questo settore. Il volume e l’indagine relativa sono stati presentati a Roma dalla Federazione dei logopedisti italiani.

Il boom di richieste di riabilitazione logopedica, durante la crisi scatenata da Covid-19, ha una spiegazione: “Gran parte dei pazienti che sono finiti in terapia intensiva devono riacquisire alcune capacità primarie – spiega Tiziana Rossetto, logopedista e presidente Fli – Dopo aver trascorso anche trenta o sessanta giorni in rianimazione, infatti, è necessario per molti, soprattutto se adulti o anziani, seguire un preciso percorso di riabilitazione per ricominciare a parlare, a deglutire o a mangiare correttamente. L’intubazione prolungata, per esempio, ha conseguenze sia sulla fonazione che sulla deglutizione, due specifici campi di competenza del logopedista”.

“Nel giro di pochissimi giorni dall’inizio del primo lockdown, per esempio, abbiamo avviato la tele-logopedia, che ci ha permesso di garantire una continuità assistenziale a tutti coloro che già seguivano un percorso terapeutico – ricorda la presidente – Inoltre abbiamo redatto, primi in Europa, le linee guida per la gestione di Covid-19, mettendo a punto un documento che è stato preso a modello da diversi altri Paesi, inclusi gli Stati Uniti”.

Nonostante questo sforzo, però, i logopedisti devono fare i conti con organici ancora notevolmente inferiori a quelli presenti nel resto dell’Europa: nel nostro Paese ci sono circa 15 mila specialisti, 24 ogni 100 mila abitanti, contro una media europea di 40 per 100 mila. “E pensare che la nostra professione è ai primi posti nella scelta delle giovani matricole tra le 22 professioni sanitarie. Ma i circa 840 laureati che si registrano ogni anno in Italia non sono abbastanza per colmare il divario con gli altri Paesi”, aggiunge Tiziana Rossetto. E le conseguenze di questa carenza sono purtroppo a carico del cittadino e paziente: “Per fare solo due esempi, le liste d’attesa superano ormai un anno; inoltre adulti e anziani in fase acuta e cronica (quali post ictus con afasia, malattie croniche degenerative, demenze) non possono essere presi in carico malgrado le evidenze scientifiche dimostrino l’efficacia dell’intervento di cura da parte del logopedista”.

“Il Pnrr è una grande opportunità per il nostro paese, la Sanità non è vista più come un costo ma una fonte di investimento per il nostro benessere sociale, psicologico ed economico – precisa Beatrice Lorenzin, coordinatrice di Health & Science Bridge del Centro Studi Americani – Le professioni sanitarie, il loro capitale umano, la loro capacità di aver retto e fronteggiato una crisi pandemica senza precedenti devono diventare i veri attori della nuova medicina di territorio e di prossimità. Questo Libro Bianco rappresenta quindi oggi uno strumento importantissimo. Aver coinvolto pediatri di libera scelta, medici di famiglia, geriatri e le Direzioni Aziendali nell’indagine conoscitiva del bisogno di salute e delle prestazioni logopedistiche è, infatti, un grande obiettivo verso la medicina partecipativa che rafforza l’alleanza terapeutica tra cittadino-utente e professionista della salute. Ad esempio, nelle Case di Comunità e nella medicina di prossimità non dovrà mancare la figura sanitaria del Logopedista che dovrà affrontare il grande numero di estubati provenienti dalle terapie intensive, i cui numeri – in aumento – sono già allarmanti e si scontrano con la carenza de numero di professionisti che ha portato a un calo di prestazioni nella fase pandemica sui problemi tradizionali affrontati quotidianamente dal logopedista: i disturbi del linguaggio, le balbuzie, disturbi dell’apprendimento”.

“Questo Libro Bianco ha riaffermato la necessità di un approccio multidisciplinare e interprofessionale del nuovo modello organizzativo della Sanità con il Pnrr – conclude Fernando Capuano, presidente nazionale della Simedet, Società scientifica italiana di medicina diagnostica e terapeutica  – La formazione delle professioni sanitarie si deve arricchire della multiprofessionalità, occorre fate rete tra sistema pubblico ed accreditato, e la presa in carico del paziente deve essere garantita in tutte le fasi del Pdta. La carenza di 10.000 logopedisti non assicura la fase di riabilitazione dei disturbi di linguaggio e dei deficit da long Covid, stroke e demenze”.

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