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Visco: di uscire dall’Euro non se ne parla

Non se ne parla, non se ne deve parlare. Non esiste l’ipotesi di un’uscita dall’Euro. Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, parlando alla Repubblica delle Idee non ammette discussioni sul tema. “C’è stato un giorno di grande tensione su queste strane interpretazioni su desideri di uscita dall’euro”, ricorda, per poi scandire bene: “di uscire dall’euro non se ne parla, non se ne deve parlare e non e’ solo improponibile, ma anche dannoso”. Riferendosi agli euroscettici, Visco parla di “passi in avanti che si possono fare insieme”. Questo è un concetto che Visco ultimamente ribadisce spesso: l’Europa si può cambiare in Europa e stando alle regole: “bisogna essere presenti su questi tavoli, a Bruxelles è presente il Governo e noi siamo presenti a Francoforte”.

Quanto, invece, al fronte interno Visco, interpellato su Flat Tax e reddito di cittadinanza, torna a indicare entro quali paletti deve muoversi l’azione di Governo. “È una buona cosa riuscire a ridurre tutte le imposte perché dopo 50 anni ci vuole una riforma fiscale, ma bisogna vedere i modi e i tempi”, afferma, spiegando che “l’obbiettivo è positivo ed è ovvio che bisogna difendere i più deboli”. A suo avviso, poi, “il reddito d’inclusione va nella direzione che vuole essere rafforzata dal Governo, perché bisogna dare opportunità a tutti, ma bisogna capire i modi e i tempi e avere chiari i vincoli di bilancio”.

Un ruolo chiave ce l’ha l’appartenenza dell’Italia all’Europa. “Fare una riforma fiscale richiede delle scelte che debbono essere fatte con un approfondimento”, evidenzia, invitando a “cercare di non avere troppe vie nazionali perché in Europa ci stiamo da europei e bisogna avere dei sistemi il più possibile uniformi sicuramente nel campo delle imposte ma credo che valga per molte altre cose”.

Il numero uno di Via Nazionale torna anche a dare la sua interpretazione delle fibrillazioni sui mercati delle ultime settimane. Il rialzo dello spread è una “reazione emotiva” a cui il governatore con “elementi di razionalità”. E’ evidente, spiega, che “i rischi sono percepiti, parliamo di tassi d’interesse e non di spread”. “Il nostro debito pubblico – aggiunge – sta per 1/3 all’estero, il tasso è salito da sotto il due a sopra il 3% ed è salito perché è più difficile collocare i titoli di stato italiani” a suo avviso ci sono “rischi emotivi che hanno sempre dietro un tasso di razionalità: la componente del debito pubblico è rilevante, nel resto del mondo spesso si discute sul nostro Paese, parlando di corruzione, giustizia e tasso partecipazione al lavoro, ma il‎ debito delle famiglie italiane è il più basso e la capacità delle imprese di esportare è alta”. Di fatto, “il debito degli italiani non è più alto della media dell’Ue, casomai il contrario”.

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