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Lavoro da casa, più rischi o più benefici?/VIDEO

Lavoro agile, attività flessibile o semplicemente smart working. Lavoro intelligente. È il superamento del lavoro tradizionale, il nuovo strumento che consente al dipendente di scegliere, in accordo con la propria azienda, lo spazio e gli orari in cui svolgere l’attività. In Italia la crescita è più lenta rispetto ad altri Paesi (complice forse la scarsa digitalizzazione) ma è continua: si calcola che gli smart worker nella penisola siano già 305mila. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, solo nel 2017 il lavoro flessibile è aumentato del 14% rispetto all’anno precedente (+60% rispetto al 2013). Il gap tra nord e sud però si fa sentire anche qui: più della metà dei dipendenti presi in considerazione dal campione sono impiegati, infatti, nel nord Italia.

I numeri sono interessanti soprattutto in prospettiva. L’adozione del modello porterebbe, secondo lo studio, a benefici economico-sociali enormi, con un incremento di produttività pari al 15% a lavoratore. Significa 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi a livello di sistema Paese. Per non parlare di un altro dato, quello del risparmio di emissioni di CO2 nell’ambiente. Addio al traffico nel tragitto casa-ufficio. Meno stress. Più tempo per lavorare in tranquillità. Per i lavoratori, una sola giornata di smart working può far risparmiare in media 40 ore all’anno di spostamenti ed una riduzione di emissioni di 135 Kg di CO2 all’anno per l’ambiente. Un modello win-win che promette grandi cambiamenti per il futuro del lavoro.

Marco Bianco, direttore risorse umane area territoriale Sud e Sicilia di Banca Monte dei Paschi di Siena, interpellato da Fortune Italia, evidenzia che “non ha più senso immaginare dei professionisti vincolati alla scrivania. La capacità di un lavoratore di esprimere il proprio valore è assolutamente staccata da concetti fisici di luogo di lavoro”. I benefici sono illimitati: il lavoro agile sviluppa l’autonomia lavorativa, fa aumentare il benessere dei dipendenti e riduce i costi connessi agli spazi lavorativi. L’equilibrio maggiore ai tempi tra vita privata e lavoro consente l’aumento della produttività del dipendente e si traduce in dati positivi per l’azienda.

Ma è importante non dimenticare i rischi e i diritti del lavoratore come quello alla disconnessione e alla sicurezza. La pensa così anche Maurizio Santori, giuslavorista, docente di diritto del lavoro presso l’Università Luiss, che ricorda come “lo smart working in Italia esistesse già prima della legge, soprattutto nelle grandi aziende attraverso accordi sindacali. Ci sono però alcuni rischi– dice l’avvocato – come quello legato alla possibilità di alienazione del lavoratore a causa dell’abuso del controllo a distanza”. In effetti, la gestione degli orari è compito assai arduo per chi si occupa del benessere dei propri dipendenti. È importante saper definire un nuovo tipo di organizzazione e, soprattutto, nuovi modelli di leadership che vadano oltre le classiche gerarchie. Per Santori, “lo smart working è uno strumento utile purché non si dimentichino i diritti basilari del rapporto di lavoro come quello a vivere la propria vita al di là della confusione che può crearsi tra tempo lavorativo e tempo privato”. Secondo l’avvocato, “nell’ambito della legge 81 è molto importante che i sindacati si ritaglino un ruolo per creare una regolamentazione super partes ed extra-aziendale, in grado di supervisionare il lavoro smart, connettendolo a regole come il diritto alla disconnessione e la sicurezza, evitando che il lavoratore possa lavorare in luoghi non idonei alla sua attività”.

L’obiettivo è arrivare ai risultati, non importa se in 8 o 2 ore, non conta se a casa o in ufficio. Pragmatismo e produttività, senza fronzoli. Ma come cambia il ruolo del capo in questo modello? Per Marco Bianco “serve una leadership nuova, diffusa e situazionale, in cui vanno esaltate le capacità di progettazione e di engagement dei propri collaboratori e partner, attraverso un grande coinvolgimento emotivo ed intellettuale e non più necessariamente fisico. I nuovi leader – aggiunge il direttore risorse umane territoriale MPS – devono avere grandissime capacità comunicative ed essere in grado di coinvolgere le persone in modo innovativo. La leadership tradizionale, che prevede la necessità del contatto fisico, non è assolutamente più idonea, soprattutto in un mondo del lavoro che va a velocità assolutamente diversa da quella di un tempo, con la necessità di prendere decisioni in modo rapido e condiviso”.

Per scongiurare l’accostamento dello smart working all’assenteismo, alla base del sistema serve fiducia, soprattutto del capo nei confronti del subordinato. “Lo smart working limita tantissimo l’assenteismo, perché conduce ad un fortissimo senso di responsabilizzazione sul lavoro. La presenza senza prestazione non è più un valore – commenta Bianco – Permettere alla persona di lavorare dovunque aumenta la produttività, perché lo smart worker può operare e connettersi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo per risolvere problemi urgenti, ad esempio, senza tornare in ufficio. L’assenteismo non si combatte con sistemi repressivi ma con sistemi innovativi, di responsabilizzazione e coinvolgimento”, conclude.

 

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