Arrivano anche dall’estero gli attestati di stima per l’operato di Sergio Marchionne, a poche ore dalla sua scomparsa. Uno degli elogi più altisonanti arriva dalla presidenza degli Stati Uniti: in un tweet, Donald Trump ha definito l’ex Ad di Fca come “uno dei manager più brillanti e di successo dai giorni del leggendario Henry Ford”. Inequivocabile poi l’editoriale del Financial Times, dal titolo “Marchionne e la natura della leadership”.
Nel suo tweet, Trump si è definito onorato per “aver potuto conoscere Sergio come presidente degli Stati Uniti. Gli piaceva l’industria auto, e ha combattuto per lei. La sua mancanza sarà veramente sentita”. L’accostamento di Marchionne a uno dei padri fondatori dell’industria automobilistica, da parte del presidente Usa, sembra testimoniare un’unicità riconosciuta anche dal Financial Times: la ragione per cui molti leader non sono come lui, si legge nell’editoriale, è che “solo in pochi hanno l’energia, la volontà e l’intelligenza che aveva” l’ex guida di Fca. Marchionne, che “pensava come un outsider, lavorava sodo e si atteneva ai principi”, merita di essere chiamato leader perché “aveva una visione su quello era necessario fare per rimettere in salute una compagnia in difficoltà, lavorando incessantemente per realizzare” gli obiettivi, “coinvolgendo molte altre persone con lui. La sua morte lascia un vuoto in Fiat Chrysler e nell’industria automobilistica”. L’editoriale continua definendo leggendaria la devozione al lavoro del manager il cui modello di leadership ha permesso “il salvataggio di due compagnie dal fallimento”, attraverso la sua capacità di “tenere fede ai suoi principi anche di fronte ai rischi e alle critiche, parlando apertamente, chiedendo il massimo a sé stesso e al suo team e ritenendosi responsabile” delle sue scelte.
