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La difesa delle pmi, la proposta di Conflavoro

Roberto Capobianco è il presidente di Conflavoro Pmi. Parla del ruolo del sindacalista di impresa e dell’approccio necessario per difendere gli interessi delle piccole imprese italiane.

Chi è il sindacalista d’impresa?

Il sindacalista di impresa è colui che tutela gli interessi delle imprese e che si pone come interlocutore nei confronti del sindacato dei lavoratori. Il compito principale è quello di costruire un sistema di relazioni che realizzi equi contemperamenti di interessi al fine di tutelare, in primis, l’attività economica organizzata. Conflavoro Pmi ha promosso la nascita di un’accademia per formare i nostri sindacalisti di impresa, una professione necessaria per il supporto nelle relazioni industriali per tutte le nostre piccole e medie imprese.

Quali sono i vantaggi per le imprese di associarsi a Conflavoro Pmi?

Il messaggio che promuoviamo è quello dell’importanza fondamentale, per l’imprenditore, di una vita associativa attiva, che stimoli e diffonda la partecipazione. Come Conflavoro Pmi crediamo molto in questi aspetti perché riteniamo siano propedeutici allo sviluppo delle piccole e medie imprese italiane. Si forma, così agendo, un circolo virtuoso di relazioni. Le Pmi nostre associate si vedono tutelate e promosse per la prima volta in Italia a tutti i livelli burocratici e amministrativi, a partire dai comuni fino ad arrivare ai tavoli ministeriali e oltre, quando le decisioni che contano sono di stampo comunitario. Con Conflavoro Pmi, pertanto, si riempie finalmente una prateria di rappresentanza enorme, appunto quella delle piccole e medie imprese, finora sottostante alle decisioni di chi si preoccupa soltanto degli interessi della grande industria. Per quanto riguarda le attività a tutela dei nostri soci, le nostre sedi territoriali supportano le nostre imprese con servizi altamente qualificati nel settore della sicurezza nei luoghi di lavoro, nella formazione finanziata, con l’accesso al credito e in tutto ciò che facilita la burocrazia d’impresa.

Qual è la situazione attuale delle piccole e medie imprese in Italia?

Le piccole e medie imprese in Italia vengono da dieci anni di crisi ininterrotta e di cui non si accenna ancora a vedere la fine, anche se ci sono degli spiragli e dei segnali che possono far sperare in una inversione di tendenza. Per questo gli imprenditori, soprattutto coloro che, in un periodo difficile, hanno deciso di aprire un’azienda quando tutto consigliava di percorrere altre strade, sono da considerare dei veri e propri eroi. E pertanto vanno ascoltate quelle che sono le loro legittime aspettative. Le piccole e medie imprese, oggi come oggi, hanno tre grossi problemi che qualcuno dovrà, prima o poi, decidere di affrontare in maniera approfondita. Mi riferisco al costo del lavoro, tra i più alti in Europa, al capitolo della pressione fiscale e a quello della burocrazia elevata e, spesso, addirittura, sfociante in conflitti tra norme e regolamenti nei vari livelli della Pubblica amministrazione. Conflavoro Pmi insisterà sempre su questi tre aspetti, da rivedere in toto se si vuole anche solo pensare di rilanciare in modo concreto e lungimirante il lavoro in Italia. Sono molte le misure che andrebbero messe in atto per arrivare a dei risultati positivi. Ad esempio la diminuzione del cuneo fiscale, ovvero della differenza fra il lordo e il netto della retribuzione dei singoli dipendenti. Promessa ormai abusata dai governi di destra e di sinistra, la verità è che sarebbe un risultato importante sia per le aziende sia per gli stessi lavoratori. Anche una maggiore flessibilità nei contratti, che non significa accordo al ribasso ai danni del lavoratore, potrebbe contribuire da una parte ad agevolare le imprese, le assunzioni e l’emersione del sommerso, mentre, dall’altra, a incrementare l’occupazione. Per non parlare delle tasse: i titolari di piccole e medie imprese sono stufi di lavorare per 170 giorni per poter onorare il pagamento delle imposte e solo per il resto dell’anno per vedere il frutto della propria fatica. Infine, gli imprenditori chiedono un limite all’eccessiva burocrazia. Ritengono, infatti, a ragione, che sia troppo il tempo dedicato alle pratiche negli uffici, con l’elevato rischio di essere anche sanzionati per una dimenticanza o un ritardo non doloso. E’ una situazione davvero inaccettabile.

Ci dica tre sfide che siete pronti ad affrontare nel breve e medio periodo

Primo, la promozione di una riforma dei contratti collettivi che valorizzi gli accordi di prossimità. Conflavoro PMI ne parla da anni: le singole imprese devono poter essere maggiormente autonome, in base alla loro collocazione territoriale e ad altri fattori, di stabilire d’intesa coi propri lavoratori i principali aspetti relativi all’organizzazione del lavoro, come standard retributivi orari minimi. Seconda sfida, l’organizzazione di percorsi formativi professionalizzanti che qualifichino i lavoratori e le giovani generazioni nel soddisfare i nuovi fabbisogni delle imprese e dunque della società. Non essendo, questa, una formazione obbligatoria, c’è bisogno di farne capire l’importanza alle imprese e alle istituzioni. Questo anche con l’aiuto di un’Agenzia nazionale per lo sviluppo e l’occupazione, frutto di una riforma seria dei centri per l’impiego, i quali dovranno diventare molto di più di un punto di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Dovranno collaborare fattivamente con le scuole, le università e le imprese stesse al fine di evolvere professionalmente i lavoratori. Non servono grossi sforzi economici per rendere tutto ciò realtà. Infine, terzo punto, un tavolo di lavoro con le istituzioni e le altre sigle per stilare insieme una proposta seria e condivisa che definisca finalmente, a livello normativo, il concetto di ‘sindacato comparativamente più rappresentativo’. Con criteri chiari, trasparenti, che non diano adito a interpretazioni arbitrarie o parzialità di sorta. Un passo, questo, non più prorogabile poiché necessario alla serenità delle imprese e dei loro lavoratori, che già così hanno abbastanza problemi da affrontare nel quotidiano.

Cosa si sente di dire a un imprenditore in crisi?

Purtroppo il passato ci insegna che le promesse vanno messe sempre alla prova dei fatti. Ma da una parte la contingenza economica, dall’altra alcuni elementi del contratto del governo Conte, che fanno seguito alle legittime richieste del mondo delle imprese, fanno quantomeno sperare che finalmente si mettano in agenda alcune questioni che stanno a cuore agli imprenditori. Anche le nostre proposte, che emergono dal continuo confronto con le aziende, finiranno sul tavolo del governo. Queste prevedono alcune forti innovazioni nel sistema italiano del lavoro. Non solo un’Agenzia per lo sviluppo e l’occupazione e standard retributivi orari minimi a seconda delle necessità dei vari territori, o l’aumento del potere d’acquisto per i lavoratori mediante una riduzione del cuneo fiscale. Ma anche, ad esempio, un codice digitale del lavoro chiaro e accessibile a imprese e lavoratori, così da evitare il più possibile controversie. E lo voglio ribadire: partecipate, imprenditori, alla vita associativa. E’ fondamentale per non far decidere ad altri la vostra sorte. Per questo vi chiedo di essere, assieme a noi, contemporaneamente da stimolo e da controllore nei confronti di chi governa affinché queste aspettative non vengano disattese”.

Cos’è il successo per Lei?

In tanti sognano il successo, altri invece lavorano sodo per raggiungerlo. Il successo sul lavoro, per me sarebbe solo una parola priva di significato se non fosse accompagnata dal successo e dalla soddisfazione che molte altre persone intorno a me, per fortuna, stanno vivendo. Il successo, senza dubbio, è anche un concetto collegato al mio passato. Sono fra quelle migliaia di giovani che nei primi anni 2000 hanno dovuto abbandonare le loro terre di origine – io sono nato a Matera – costretti da una moltitudine di fattori a cercare, lontano da casa e dagli affetti, una strada nuova e comunque in salita. Però mi sono sempre ripetuto che la vita è una soltanto e che è necessario non piangersi addosso, ma rimboccarsi le maniche sempre. Al Sud mancava – e manca – il lavoro e le piccole imprese sono subissate da ogni genere di problema, questo è un dato di fatto. Allora io, con mio fratello Enzo, ho deciso che avrei fatto il massimo per cambiare le cose. Per tutto il Paese. L’obiettivo finale del mio percorso lavorativo è sempre stato quello. E cosa c’è di più concreto se non rappresentare le istanze di chi, incredibilmente, nonostante alimenti la stragrande maggioranza del tessuto economico del Paese, non ha voce ai tavoli istituzionali? Mi riferisco proprio alle Pmi. E io col supporto del mio staff e delle oltre settanta sedi provinciali di Conflavoro sparse in tutta Italia e nate dal nulla, se non dalla passione di tante persone, sono fiero di combattere per le imprese e con le imprese ogni giorno.

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