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Il rischio che resta

Infine, abbiamo un Governo. Sostenuto dalle due forze politiche che hanno ottenuto il successo nelle elezioni del 4 marzo. Vien da rispondere a chi obietta: è la democrazia, bellezza! Ora non resta che vederlo all’opera. Non ci vorrà molto per giudicarlo. La legge di bilancio è alle viste, e con essa scelte che non saranno eludibili. Intanto il pericolo di una crisi imminente della finanza pubblica, reso evidente dall’impennata dello spread, sembra scongiurato. Speriamo di aver imparato qualcosa. L’Italia, con il suo gigantesco debito pubblico, è permanentemente a rischio. Basta che chi ha responsabilità politiche anche solo dica la cosa sbagliata (usciremo dall’euro, non rimborseremo il debito verso la Bce, emetteremo monete alternative) e quel rischio si materializza in poche ore, non in settimane o mesi. Nella asta di titoli del debito pubblico del 30 maggio quelle parole ci sono costate, in termini di maggiori interessi, 580 milioni di euro: 10 euro per ogni italiano. In quella asta sono stati collocati 6 miliardi. Ma il nostro Tesoro ne deve collocare oltre 30 al mese. Sono fatti, non opinioni. E i fatti non scompaiono perché a noi non piacciono.

Da questo punto di vista la presenza al Governo di persone dotate di esperienza e prestigio personale come il professor Moavero Milanesi alla Farnesina e il professor Tria a via XX Settembre appare rassicurante, e i mercati ne sono stati rassicurati.
Il compito che li attende non è niente affatto facile. Le promesse fatte dai due partiti che sostengono il Governo, in campagna elettorale prima e con il famoso “contratto” poi, non fanno il conto con la limitatezza delle risorse. E’ a tutti evidente che non è possibile al tempo stesso diminuire drasticamente le imposte, aumentare le spese per il sostegno al reddito delle persone svantaggiate, accrescere gli investimenti pubblici, evitare l’aumento dell’Iva già iscritto nelle prospettive di bilancio. Di ciò è sembrato che non vi fosse affatto consapevolezza nei protagonisti delle lunghe trattative per il Governo. Ma non vi è dubbio sul fatto che il problema non sfugga ai due Ministri citati.

Il Movimento 5 stelle e la Lega hanno sperimentato in questi tre mesi che, al di là dei proclami elettorali, la politica è anche arte della mediazione; arte che hanno concretamente esercitato nella scelta della guida del Governo e nella composizione dei ministeri. Ora tocca a loro esercitare la mediazione fra le diverse istanze alle quali hanno dato rappresentanza nei rispettivi programmi. Non farebbe loro affatto male saltare una comparsata televisiva, per dedicare un po’ di tempo alla attenta lettura di quanto il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha scritto nelle proprie Considerazioni finali appena qualche giorno fa.

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