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Energia: 5 sfide per un 2023 più sostenibile

Il 2022 è stato l’annus horribilis per il mercato globale dell’energia. E per far fronte alle incertezze all’orizzonte, diventa indispensabile conoscere scenari possibili ed evoluzioni degli equilibri.

Va in questa direzione l’analisi condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, per mano di Simone Tagliapietra che, in collaborazione con Andreas Goldthau, direttore della Willy Brandt School presso l’Università di Erfurt, ha elaborato delle ipotesi di sviluppi futuri del mercato energetico, che ha vissuto un 2022 ‘sulle montagne russe’.

L’analisi dei due studiosi parte da alcuni quesiti fondamentali, il primo riguarda i cambiamenti della mappa dell’energia globale, condizionati dagli eventi contingenti, come la guerra in Ucraina, e le ripercussioni industriali, economiche e sociali della crisi energetica. Con una particolare attenzione agli effetti, che si spera siano positivi e di spinta verso la transizione ecologica. Il 2023, dunque, sarà un anno cruciale per capire come evolverà la crisi energetica e in che modo influirà sulle scelte che saranno fatte a livello mondiale per garantire un futuro più sostenibile.

Secondo i due studiosi, sono cinque le domande a cui bisogna rispondere per tracciare un quadro chiaro del futuro energetico globale.

Come cambierà la mappa dell’energia? Nel 2022 è mutata radicalmente la posizione della Russia nei mercati energetici globali, che vedono il delinearsi di nuove alleanze. Secondo Tagliapietra, l’Unione europea si sta avvicinando ai principali fornitori di gas come la Norvegia, l’Algeria e gli Stati Uniti, e ai produttori in Africa e in Medio Oriente di gas naturale liquefatto.

Al contempo, la Russia sta cominciando a esportare in Cina le forniture che erano destinate all’Europa. Qui si ridurrà gradualmente il consumo di gas naturale, spingendo verso una maggiore efficienza energetica e al passaggio a fonti energetiche alternative. Resta l’incognita, e la speranza, che questi nuovi programmi di approvvigionamento colmino le carenze stimate rispetto alle mancate forniture russe.

I prezzi dell’energia spingeranno la produzione da fonti rinnovabili? È questa la domanda chiave per il 2023. I prezzi elevati del petrolio e del gas hanno effettivamente incentivato l’installazione di pannelli solari da parte di famiglie e imprese, per ridurre le bollette energetiche. E ci si augura che questa spinta sia sufficiente a far fronte alla povertà energetica stimata per il prossimo futuro.

Cambierà, e come, il panorama industriale? Di sicuro ci sarà una spinta alla riorganizzazione delle attività in sede e dei processi produttivi, a causa degli elevati costi delle forniture di energia. Alcuni settori produttivi particolarmente energivori – alluminio, fertilizzanti e prodotti chimici – stanno delocalizzando laddove l’ energia è più economica, come gli Stati Uniti o il Medio Oriente.

Quali saranno sul lungo periodo gli impatti economici? Il 2023 sarà l’anno della “deglobalizzazione” e del nazionalismo economico. La rilocalizzazione delle aziende – reshoring – rallenterà la transizione energetica globale a causa della frammentazione dei mercati.

Al contempo si punterà sulla riduzione dei costi di produzione dell’energia da rinnovabili, che può giungere dalle nascenti ‘catene del valore’ globali, frutto di un match fra l’innovazione degli Stati Uniti, gli investimenti cinesi nella produzione e dei sussidi dell’Europa. Il rischio è che questo circolo virtuoso si interrompa e i Paesi comincino ad agire in modo isolato. Questo avrebbe conseguenze ulteriori sulla crisi energetica, che sta acuendo le disuguaglianze. Le famiglie vulnerabili e gli strati a basso e medio reddito sono stati i più colpiti dagli aumenti dei costi energetici.

La crisi energetica influenzerà le azioni per contrastare il cambiamento climatico? Le conseguenze sono potenzialmente gravi. I Paesi a basso e medio reddito si trovano in una posizione di svantaggio rispetto alle risposte occidentali alla crisi energetica. È necessario, secondo gli esperti, lavorare per individuare meccanismi bilaterali, regionali adatti a promuovere i finanziamenti per il clima, il trasferimento di tecnologie e lo sviluppo di capacità, come previsto dall’accordo sul clima di Parigi, e nel rispetto degli obiettivi dell’Agenda 2030.

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