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Dignità, complotto, epurazione

Un numero (8000 posti di lavoro persi l’anno) comparso nella notte, messo nero su bianco nella relazione tecnica al decreto Dignità all’insaputa del Governo. La tesi del ministro del Lavoro Luigi Di Maio fa appello alla teoria del complotto per arrivare subito a individuare il nemico: le lobby che si sarebbero mosse per sabotare il suo provvedimento di ‘bandiera’. Potrebbe essere solo un tentativo discutibile di orientare il dibattito su un testo che ancora deve approdare in Parlamento ma che è già stato bersaglio di critiche accese. Sarebbe propaganda. Poco ortodossa, poco elegante ma ancora all’interno del gioco delle parti.

Se, come sostengono fonti qualificate del Movimento, l’uscita di Di Maio fosse invece la premessa per arrivare a “fare pulizia” alla Ragioneria Generale dello Stato e al Ministero dell’Economia, facendo fuori tutti gli uomini considerati vicini all’ex ministro Pier Carlo Padoan, il folklore di un post su Facebook assumerebbe il rango di un avviso di epurazione. A via XX Settembre, così come alla Rgs, ci sono competenze e professionalità che dovrebbero essere una garanzia per tutti, anche per lo stesso Di Maio. Come, del resto, ha riconosciuto da subito il ministro che li guida, Giovanni Tria. Metterle in discussione ora, in questo modo, sarebbe il segnale di una ulteriore accelerazione nel processo di sistematica occupazione del potere che, in rigida spartizione con la Lega, il Movimento 5 Stelle sta portando avanti in tutti i ministeri e all’interno degli istituti che hanno rilevanza sulla vita economica di questo Paese.

Un segnale che si aggiunge ad altri, più o meno gravi. L’intimidazione ormai sistematica all’indirizzo della stampa, con il caso delle parole del portavoce della Presidenza del Consiglio Rocco Casalino al giornalista Salvatore Merlo (“adesso che il Foglio chiude, cosa fai?”). Lo stallo nelle decisioni strategiche, come le nomine al vertice di Cdp, su cui pesano veti incrociati e minacce di ritorsioni che coinvolgerebbero lo stesso decreto dignità. Il riacutizzarsi delle tensioni istituzionali, di fronte all’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel caso della nave Diciotti. Le prime uscite del ministro per gli Affari Europei Paolo Savona, tra lo spettro del Cigno nero (l’uscita dall’Euro imposta da altri) e la richiesta di una riforma della Bce. In estrema sintesi, la scelta di alimentare un clima da resa dei conti continua, dentro e fuori il Governo.

 

 

 

 

 

 

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