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Tumore alla vescica: batterli con nano-lingotti d’oro

oro tumore alla vescica

Ripulire l’organismo dal tumore alla vescica grazie a una nuova tecnica che promette di individuare e ‘bruciare’, sfruttando delle nanoparticelle d’oro, anche forme finora invisibili. È la nuova strategia studiata da un gruppo di ricercatori coordinati da Massimo Alfano, group leader dell’Unità di microambiente extracellulare dell’Istituto di Ricerca Urologica – URI diretto dal professor Andrea Salonia e dell’Unità di Urologia, diretta dal professor Francesco Montorsi dell’Irccs Ospedale San Raffaele.

Un lavoro dall’approccio innovativo, mirato a individuare e curare in modo selettivo forme di tumore alla vescica inferiori a 1 millimetro. Lo studio, realizzato sugli animali in collaborazione con l’Università Vita-Salute San Raffaele, il Cnr di Pisa, l’Università di Bologna, Ascend Technologies del Regno Unito, Fujifilm Visualsonics Inc. di Amsterdam e l’Università della Malesia, è pubblicato su ‘Pnas’. E, dati gli ottimi risultati, il team si rivolge ora a potenziali investitori, in grado di portare la tecnica al letto del paziente.

Il tumore

Ogni anno si contano oltre mezzo milione di nuove diagnosi di tumore alla vescica. Questo tipo di neoplasia non solo è la decima nella classifica delle più diffuse al mondo, ma anche una delle più difficili da curare. Come mai? Le attuali tecniche di diagnostici non sono in grado di rilevare i tumori inferiori a 1 millimetro, soprattutto quando sono piatti, rendendoli estremamente difficili da rimuovere.

Così circa 200.000 pazienti ogni anno presentano una recidiva, con percorsi terapeutici lunghi e dolorosi e, nel peggiore dei casi, alla rimozione della vescica. Una serie di procedure che a livello globale costanocirca 10 miliardi di dollari l’anno.

Una terapia preziosa

Al centro del nuovo approccio ci sono le “gold nanorods”: lingotti d’oro lunghi pochi nanometri che, una volta infusi nella vescica (al momento di modelli animali) attraverso l’uretra, grazie a uno specifico marcatore riconoscono e si legano solo alle cellule tumorali. Grazie all’utilizzo di una luce pulsata le nanoparticelle d’oro emettono ultrasuoni, rendendo visibile la presenza del piccolo tumore tramite ecografia. Se invece le “gold nanorods” vengono sottoposte a luce continua, spiegano i ricercatori, si scaldano riuscendo a bruciare e a eliminare definitivamente i piccoli tumori, tanto insidiosi proprio perchè finora invisibili.

Perchè l’oro

Il metodo innovativo abbina diagnostica e terapia, come sottolinea lo stesso Alfano. Il team punta dunque a portare sul mercato le gold nanorods, di cui l’Irccs Ospedale San Raffaele condivide il brevetto con l’Università di Bologna, per l’identificazione e il trattamento di lesioni tumorali alla vescica di dimensioni inferiori a 1 millimetro.

In clinica questo “si definisce approccio teragnostico: grazie alle “gold nanorods” siamo in grado di combinare la diagnosi e la terapia in un unico processo. Inoltre, essendo le particelle instillate direttamente in vescica e poiché l’oro è un materiale biocompatibile – spiega ancora Alfano – non si rischiano effetti collaterali nei tessuti o negli organi circostanti non neoplastici, effetti che una terapia farmacologica o immunoterapica non potrebbe garantire”.

L’appello agli investitori

L’applicazione in clinica di questa soluzione potrebbe ridurre la frequenza delle recidive del tumore della vescica e il numero di pazienti con tumori ricorrenti, dicono i ricercatori. “Prevediamo un grande impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti insieme a una riduzione dei costi sociali sanitari”, conclude Alfano, che a questo punto si rivolge agli investitori: “Il nostro progetto di ricerca e sviluppo è ora alla ricerca di partner industriali o finanziari per veder realizzata e applicata questa nuova tecnologia che, siamo sicuri, potrà fare la differenza e garantire il benessere di tantissimi pazienti”.

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