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Lo sport: pensieri, opere, omissioni e potenzialità

sport giovani

Pierre de Coubertin scrisse nel 1912 un’ode allo sport, magnificandone le poliedriche capacità di generatore di valori ed obiettivi di impegno, di bellezza, di giustizia, di audacia, di onore, di gioia, di purezza, di progresso e di pace.

Nel 2023, 111 anni dopo, il Parlamento italiano ha introdotto un nuovo comma all’art 33 della Costituzione: “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.

Lo sport quindi come strumento e momento di affermazione e di emancipazione anche salvifico, perché scaturente da un confronto diretto basato sul talento e perché veicolo della disciplina, del pensiero critico e della capacità di assumere responsabilità. Uno strumento in grado di generare equità, pur nella sua selettività, perché chiaro, oggettivo e scevro da interferenze sociali, politiche o economiche.

Nello sport difendiamo quello che nella convivenza sociale ed economica fatichiamo ad accettare: il merito e la meritocrazia come strumenti di selezione che non si contaminano con timori o pretesti di discriminazione e perciò di ingiustizia. Ciò che rende fair la competizione sportiva è il confronto diretto tra categorie ben distinte di attività e di atleti, rendendola in qualche modo un confronto tra omogenei.

La domanda è se sul palcoscenico della mutevole e controversa interazione sociale ed economica si possa riproporre la stessa condizione, e la risposta pare complessa: le Borse valori di tutto il mondo offrono nello stesso listino imprese operanti in settori diversi e soprattutto con dimensioni e obiettivi diversi. Se il premio (il capitale o il consenso) va ad allocarsi dove più alto è il rendimento assoluto, non quello relativo, il confronto diretto tra diversi genera problemi: sane aspettative di risultato diventano incentivi a barare e a ricorrere a fenomeni di ‘doping’ come il green e il social washing.

Come avvicinare quindi l’economia e la società ai valori dello sport? Che l’introduzione di obiettivi legati alla tutela di valori e di spinte capaci di generare sana competizione possa essere lo strumento per risolvere il problema?

In un consesso multidisciplinare di scienziati, accademici e imprenditori, nel quale eravamo tutti concentrati a identificare strumenti capaci di consolidare finalmente un senso di appartenenza tra i cittadini d’Europa, il confronto si è più volte acceso sulle possibilità di una politica estera e fiscale comune.

Un’impasse interrotta da un panelist che ha proposto la fondazione di una squadra di calcio dell’Europa raccogliendo vasta simpatia, ma non unanime consenso: e se il medagliere finisse per diventare un rating, o peggio un indicatore di gerarchia delle nazioni, e lo sport uno strumento di geopolitica?

Scherzi di troppi neuroni al lavoro?

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