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Prove di vitalità democratica

L’attacco russo all’Ucraina del 24 febbraio di due anni fa ha reso del tutto evidente lo scontro, già ampiamente sottotraccia, tra autocrazie e democrazie. Alla radice del drammatico azzardo di Putin c’era, c’è, la convinzione che le democrazie fossero un sistema di governo corrotto e decadente e che era giunto il momento di chiudere definitivamente la partita. Questo è il senso più profondo della guerra in atto.

Per questo non possiamo che dimostrare solidarietà, sostegno, gratitudine per il popolo ucraino che combattendo per la propria libertà ha difeso anche la nostra. Per una singolare coincidenza temporale il 2024 era e sarà, par excellence, l’anno delle elezioni nel mondo. In tutto saranno chiamati al voto più di 4 miliardi di persone. In quello che è stato definito una sorta di ‘Super Bowl delle democrazie’. Infatti la libera espressione del voto popolare costituisce l’essenza, il cuore pulsante, di ogni democrazia.

Si è votato. Si vota. Si voterà. In Europa pur con un significativo spostamento a destra, la spina dorsale dell’alleanza di governo della precedente legislatura non cambierà. In sostanza, un voto senza acuti e senza drammi. Ma alzando lo sguardo vediamo che non è andata dappertutto così. In Messico, per la prima volta nella storia di quel Paese, ci sarà una presidente donna; Claudia Sheinbaum. Una discontinuità nella continuità segnata dal ruolo del presidente uscente López Obrador detto AMLO.

In India, prima potenza demografica del pianeta, invece, le cose sono andate diversamente. Modi, pagando il prezzo dell’eccessiva ostentazione dell’’uomo solo al comando’, ha ottenuto il ‘terzo mandato’ consecutivo ma senza raggiungere la maggioranza assoluta. Con un’opposizione rinata e combattiva (guidata dall’ultimo discendente della dinastia politica dei Gandhi) ha dovuto negoziare un’alleanza di governo con partiti minori.

In Sud Africa, scosso da tensioni e corruzione, l’African National Congress non ha ottenuto per la prima volta nel post-Apartheid la maggioranza assoluta ed ha dovuto negoziare un’alleanza di governo con i partiti che rappresentano la ‘minoranza bianca’. Infine, un cameo: il Senegal. Qui dopo uno scontro istituzionale durissimo il presidente uscente Macky Sall ha dovuto rinunciare al progetto di rinviare, sine die, l’appuntamento elettorale. Duramente sconfitto dal Consiglio costituzionale e dal suo popolo. Il nuovo presidente Diomaye Faye, 44 anni, il più giovane della loro storia, fino a pochi giorni prima del voto era in galera, detenuto per reati d’opinione.

Dal Sud America all’Africa, passando per l’Asia, prove di vitalità democratica. Da quel Global South sempre più cruciale negli equilibri presenti e futuri del pianeta. In attesa della ‘madre di tutte le elezioni’, quelle negli Stati Uniti, le più difficili e drammatiche della loro storia, il pensiero va a W. Churchill: “La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre che si sono sperimentate finora”.

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