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Sanità fra tech ed empatia, le novità da Pascale e Gemelli

mmagine 100-plex head&neck. © Akoya Biosciences Dal Gemelli

Sempre più innovativa e tech, grazie al moltiplicarsi di applicazioni ingegneristiche, big data, AI e robotica, la sanità del presente riesce anche a non dimenticare l’aspetto umano delle cure, potremmo dire l’empatia. E questo proprio sfruttando le possibilità offerte da telemedicina e teleassistenza. Certo, quelle che ci apprestiamo a raccontare sono storie di eccellenza, ma come sassi nello stagno speriamo siano destinati a ‘far rumore’ e a lasciare il segno.

È dotata di ogni tecnologia la nuova Multiplex Spatial Imaging (MSI) per lo studio della proteomica e della trascrittomica allestita all’Irccs Policlinico Gemelli di Roma, destinata ad ‘ospitare’  ricerche che potranno portare a individuare nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce e target terapeutici per aggredire diverse malattie (nella foto principale cellule tumorali, credits: Akoya Biosciences).

Mentre all’Istituto dei tumori Pascale di Napoli un operatore sanitario guiderà a casa in teleassistenza i caregiver appositamente formati, per ridurre il disagio dei pazienti portatori di picc, il catetere utilizzato per iniettare la chemio. Consentendo a pazienti e familiari di risparmiare tempo ed evitare viaggi in ospedale. Un progetto di buona sanità che, oltretutto, vede la struttura partenopea pioniera nel Vecchio Continente.

Una sanità più vicina ai malati di tumore

Chi si ammala di tumore deve lottare anche con una serie di difficoltà di ordine pratico, come il fatto di dover raggiungere ogni settimana l’ospedale per farsi disinfettare il picc. Se la terapia dura mesi, diventa un problema per tutta la famiglia. E oltretutto a ogni ‘viaggio’ si rischia di contrarre pericolose infezioni ospedaliere.

Il progetto del Pascale consente di risparmiare tempo e giornate di lavoro sia ai familiari che ai pazienti, rivoluzionando la manutenzione settimanale dei picc, essenziale per garantirne la funzionalità e prevenire infezioni. Si tratta di un’attività che normalmente viene effettuata in ospedale. Ma se opportunamente formati grazie a un corso ad hoc, e poi seguiti in tutti i passaggi attraverso il telefonino, i caregiver possono eseguire queste procedure a casa, riducendo oltretutto il rischio per il paziente di contrarre infezioni ospedaliere.

Come ricorda Pasquale Aprea, responsabile della struttura dipartimentale accessi vascolari e day surgery del Pascale, nonché coordinatore del progetto, “paziente e caregiver possono usufruire di un supporto costante da parte di personale clinico esperto durante le procedure di management dell’accesso vascolare, attraverso un sistema di teleassistenza che permette di monitorare in tempo reale l’esecuzione della procedura. Questo ha una grossa valenza non solo dal punto di vista clinico, ma anche dal punto di vista umano”. Nei giorni scorsi è partito il primo su 25 caregiver. Obiettivo del Pascale, come ha spiegato il Dg Attilio Bianchi, “è garantire un’assistenza territoriale qualificata e di qualità a tutti quei pazienti che devono sottoporsi a terapie infusionali frequentemente, attraverso un sistema omnicomprensivo di persone, dispositivi, formazione certificata e tecnologie dedicate”.

Il team del Pascale all’opera.

Al Gemelli si indagano le ‘conversazioni’ tra le cellule

Ma la buona sanità oggi deve legarsi a doppio filo con la ricerca. Permette di studiare non più solo la singola cellula, ma le sue ‘conversazioni’ con l’ambiente circostante la nuova Multiplex Spatial Imaging. Per individuare nuovi biomarcatori e consentire diagnosi precoci e terapie a bersaglio. È la speranza che alimenta la nuova facility dedicata alla profilazione spaziale multiomica (proteomica e trascrittomica) dei tessuti, appena inaugurata nel G-STeP, il parco biotecnologico di Fondazione Policlinico Gemelli.

Come ha precisato il professor Alessandro Sgambato, vice-presidente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile della facility di Multiplex Spatial Imaging, questa struttura “ci consentirà di studiare l’organizzazione spaziale delle cellule, l’espressione dei geni e le proteine direttamente in situ, mentre finora dovevamo estrarle dal tessuto, perdendo i riferimenti spaziali della loro organizzazione. Questo approccio consente di capire meglio come funziona una cellula normale e quali sono le differenze di funzionamento rispetto ad una cellula ‘malata’, come ad esempio una cellula tumorale”.

Queste nuove tecnologie “aiutandoci a comprendere meglio i meccanismi responsabili dello sviluppo di una serie di patologie, ci consentiranno da un lato di identificare nuovi biomarcatori (utili sia per la diagnosi precoce, che per la stratificazione prognostica), dall’altro di individuare nuovi target, potenzialmente utili per lo sviluppo di nuovi farmaci”, ha aggiunto Sgambato.

Il team del Gemelli con il professor Sgambato

 

La struttura è dotata di macchinari Akoya di ultima generazione, per lo studio della proteomica spaziale. Accanto a questi, “abbiamo recentemente acquisito macchinari della ‘10 X Genomics’ per lo studio della trascrittomica spaziale (Visium-CytAssist e Xenium). Tutto questo – ha detto Donatella Lucchetti, co-responsabile della facility – ci consentirà di studiare in dettaglio l’ambiente interno della cellula e lo ‘zoom out’, per dettagliare quello che avviene intorno alle cellule, attraverso la valutazione di un numero elevatissimo di parametri, che ci consentirà di studiare cosa succede all’interno di un tessuto. Nel caso dei tumori, questo ci permetterà di studiare in dettaglio non solo il funzionamento della cellula tumorale, ma anche quello che avviene nel suo microambiente, che risulta fondamentale per lo sviluppo della maggioranza dei tumori, come quelli cerebrali”.

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