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L’Islanda fa i conti col turismo di massa

L’Islanda ha un rapporto complicato con il turismo. 

Sede di vulcani e sorgenti termali, in un primo momento l’Islanda ha voluto attrarre i turisti con le sue straordinarie attrazioni naturali. Tutto ciò ha ha dato il via a un aumento vertiginoso del numero di visitatori, passati dai 500mila del 2010 ai 2,3 milioni previsti per quest’anno. Se da un lato questo ha generato grandi profitti per il comparto turistico islandese, dall’altro ha creato nuovi problemi abitativi per i residenti.  

Ma gli islandesi ormai ne hanno abbastanza e vogliono dare un giro di vite al turismo di massa con tasse più alte per controllare il numero di visitatori, senza danneggiare eccessivamente un settore rilevante per l’economia del Paese. “Stiamo ancora cercando di modellare il sistema di tassazione del settore turistico per il futuro”, ha dichiarato lunedì alla Cnbc il primo ministro islandese Bjarni Benediktsson. 

Una possibile nuova misura potrebbe essere qualcosa di simile al ‘surge pricing’, che prevede l’applicazione di una tassa più alta durante l’alta stagione rispetto agli altri periodi dell’anno, anche se è ancora in fase di elaborazione, ha aggiunto Benediktsson.

All’inizio di quest’anno, l’Islanda ha reintrodotto una tassa sui turisti che era stata eliminata durante Covid-19. La tassa, dall’importo modesto – circa 600 corone islandesi, pari a 4,34 dollari – si applica ad alberghi, campeggi, navi da crociera e altre forme di alloggio. Benediktsson considera la misura una “decisione importante”, ma ritiene che si debba fare di più.  

Il turismo è importante per l’economia islandese, che ne ricava l‘8,5% del Pil, secondo i dati di Statistics Iceland. Dai fan di Game of Thrones agli appassionati della Laguna Blu, l’Islanda ha suscitato l’interesse di molti. Il numero di visitatori è aumentato negli ultimi anni nonostante interruzioni come la pandemia e le eruzioni vulcaniche. 

Allo stesso tempo, i residenti stanno trovando case da affittare con enorme difficoltà, dato che un numero crescente di abitazione è stato destinato al mercato degli affitti brevi. I prezzi sono aumentati anche a causa dell’aumento dei tassi di interesse, che spesso hanno allontanato gli affittuari. 

L’Islanda non è l’unica realtà che cerca di resistere al turismo di massa: Venezia ha recentemente imposto una tassa di 5 dollari per i visitatori di breve durata, che potrebbe contribuire a frenare l’afflusso di visitatori in una città che è notoriamente sommersa dai turisti per gran parte dell’anno. 

Dato l’interesse per la storica città italiana, l’anno scorso Venezia ha incassato 37 mln di euro (39,6 mln di dollari) dalle tasse di soggiorno. D’altra parte, la Spagna ha incluso una nuova tassa che si riflette sulle fatture degli hotel, contribuendo a un fondo per i pannelli solari nelle scuole. 

“Finora abbiamo utilizzato queste tasse per compensare l’impatto che i turisti hanno sulla città, compresi i servizi di pulizia, la sicurezza e il trasporto pubblico”, ha dichiarato a febbraio a Bloomberg Jordi Valls, responsabile della promozione economica e turistica di Barcellona. “Quest’anno abbiamo deciso di fare un ulteriore passo avanti e di destinare la tassa al finanziamento dei servizi pubblici dal punto di vista climatico”. 

Non è chiaro se queste tasse allontaneranno abbastanza visitatori da risolvere il problema del turismo di massa e delle sue conseguenze. A Venezia, per esempio, la nuova tassa non ha ancora abbassato il numero dei visitatori.

Con la pandemia ormai alle spalle, in Islanda si attendono migliaia di turisti in più all’anno. Il Paese ha l’arduo compito di trovare politiche in grado di contenere il numero dei turisti nel Paese, dando la priorità ai locali.

L’articolo originale è disponibile su Fortune.com

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