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Neanderthal, ecco il volto di una donna di 75mila anni fa

Secrets of the Neanderthals photographed at the Henry Wellcome Buildand at the University of Cambridge on the 26th April 2024
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I loro geni sopravvivono all’interno del nostro Dna, ma molti dei segreti dei Neanderthal sono ancora oggi ben custoditi. Non è più così – almeno grazie alle ultime ricerche – per quanto riguarda l’aspetto di questi nostri lontani cugini. Un team di archeologi e ricercatori guidati dall’Università di Cambridge è riuscito infatti a ricreare – per un nuovo documentario Netflix – il volto di una donna di Neanderthal di 75.000 anni fa, il cui cranio è stato scoperto e ricostruito a partire da centinaia di frammenti ossei.

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Il team ha scoperto i resti della Neanderthal nel 2018 all’interno di una grotta nel Kurdistan iracheno, dove questa specie di ominide affine all’Homo sapiens era tornata più volte per seppellire i propri morti. Il documentario segue il lavoro del gruppo nella grotta di Shanidar per continuare gli scavi.

Dal teschio alla realtà

“I teschi dei Neanderthal e degli esseri umani sembrano molto diversi”, ha detto la dottoressa Emma Pomeroy, una paleoantropologa del Dipartimento di Archeologia di Cambridge. I primi “hanno enormi arcate sopracciliari e sono privi di mento, con una parte mediana del viso sporgente che si traduce in nasi più prominenti. Ma il volto ricreato” in questo lavoro “suggerisce che quelle differenze non fossero poi così nette nella vita reale. Forse è più facile pensare agli incroci tra le nostre specie, nella misura in cui quasi tutti coloro che vivono oggi hanno ancora il Dna dei Neanderthal”.

Si ritiene che i Neanderthal si siano estinti circa 40.000 anni fa, e le scoperte di nuovi resti sono rare. L’esemplare protagonista del documentario è forse l’individuo meglio conservato ritrovato in questo secolo.

Shanidar Z

Mentre i reperti precedenti erano numerati, questo è stato ‘battezzato’ Shanidar Z, anche se i ricercatori pensano che il suo teschio potrebbe essere la metà superiore di un altro resto scavato nel 1960. La testa è stata schiacciata, forse da una frana,  dopo la morte – cioè dopo che il cervello si era decomposto ma prima che il cranio si riempisse di terra – e poi ricompattato da decine di migliaia di anni di sedimenti.

Il reperto/Credits BBC Studios/Jamie Simonds

Un puzzle in 3D

Come si è arrivati al volto della donna di Neanderthal? Il team ha esposto con cura i resti, utilizzando un consolidante per rafforzare le ossa e i sedimenti circostanti. Il tutto è stato trasportato nel laboratorio di Cambridge, dove i ricercatori hanno effettuato scansioni micro-CT di ciascun blocco prima di diluire gradualmente la colla e utilizzare le scansioni come guida per l’estrazione dei frammenti ossei. La responsabile della conservazione, la dottoressa Lucía López-Polín, ha messo insieme oltre 200 pezzi di cranio a mano libera per riportarlo alla sua forma originale, comprese le mascelle superiore e inferiore.

“Ogni frammento del cranio è stato pulito delicatamente mentre colla e consolidante sono stati nuovamente aggiunti per stabilizzare l’osso, che può essere molto morbido, simile nella consistenza a un biscotto inzuppato nel tè“, ha raccontato Pomeroy. “È come un puzzle in 3D dall’alta posta in gioco. L’elaborazione di un singolo blocco può richiedere più di due settimane”. Il team ha anche fatto ricorso alla scienza forense per capire se i resti fossero stati sepolti.

La ricostruzione

A questo punto il cranio ricostruito è stato scansionato e stampato in 3D, ottenendo così la base di una testa, lavorata poi da paleoartisti di fama mondiale, i gemelli Adrie e Alfons Kennis, che hanno ricostruito e messo insieme strati di muscoli e pelle per rivelare un volto femminile. Secondo la ricerca infatti Shanidar Z era una donna sulla quarantina, un’età significativa per la preistoria.

In assenza di ossa pelviche, il team si è affidato al sequenziamento delle proteine ​​dello smalto dei denti per determinare il genere e l’età della donna, che sarebbe stata alta circa un metro e mezzo.

Sepolti tra i fiori

“I Neanderthal hanno avuto una cattiva reputazione sin da quando furono trovati i primi esemplari, oltre 150 anni fa”, ha detto il professor Graeme Barker del McDonald Institute for Archaeological Research di Cambridge, che guida gli scavi nella grotta. “Le nostre scoperte mostrano che i Neanderthal di Shanidar potrebbero aver pensato alla morte e alle sue conseguenze in modi non molto diversi dai loro cugini evoluzionisticamente più vicini: noi stessi”.

In effetti fra gli altri quattro corpi del gruppo – scoperti dall’archeologo Ralph Solecki nel 1960 – uno era circondato da polline antico. Solecki e la specialista di pollini Arlette Leroi-Gourhan erano convinti che i reperti fossero la prova di rituali funerari in cui il defunto veniva deposto su un letto di fiori. Insomma, i Neanderthal sarebbero stati molto più sofisticati rispetto a quanto ipotizzato in base alla loro struttura tozza.

Decenni dopo, il team guidato da Cambridge ha ripercorso gli scavi di Solecki, con l’obiettivo di utilizzare le tecniche più recenti per recuperare ulteriori prove a sostegno delle sue affermazioni. “La grotta di Shanidar è stata utilizzata prima dai Neanderthal e poi dalla nostra stessa specie, quindi fornisce un laboratorio ideale per affrontare una delle più grandi questioni dell’evoluzione umana”, ha affermato Barker. “Perché i Neanderthal scomparvero dalla scena nello stesso periodo in cui l’Homo sapiens si diffuse nelle regioni in cui i primi avevano vissuto con successo per quasi mezzo milione di anni?”.

Si prendevano cura dei membri del gruppo

Ebbene, gli indizi che arrivano dai resti della grotta di Shanidar mostrano segni di una specie empatica. Ad esempio, un maschio aveva un braccio paralizzato, era sordo e aveva subito un trauma cranico che probabilmente lo rendeva parzialmente cieco, ma aveva comunque vissuto a lungo, quindi doveva essere stato curato. L’analisi del sito suggerisce inltre che Shanidar Z fu sepolta in una cavità formata da acqua corrente e poi scavata a mano per accogliere il corpo. La postura della donna, appoggiata sul fianco, con la mano sinistra piegata sotto la testa e una roccia come un piccolo cuscino, suggerisce che la defunta potrebbe essere stata posizionata lì circa 75.000 anni fa.

La scoperta successiva di tracce microscopiche di cibo carbonizzato (semi selvatici, noci ed erbe) nel terreno attorno al gruppo di corpi più vecchi, indicherebbero non solo che i Neanderthal preparassero il cibo – immergendo e pestando i legumi – e poi lo cucinassero, ma anche che lo facessero in presenza dei loro morti. “Per questi Neanderthal, non sembra esserci una netta separazione tra vita e morte. In quanto donna più anziana, Shanidar Z fu una miniera di conoscenza per il suo gruppo. Ed eccoci qui, settantacinquemila anni dopo, a imparare ancora da lei”, ha detto Pomeroy.

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