Epilessia, il ‘nodo’ dei pazienti che non rispondono ai farmaci

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Pensiamo di conoscere bene l’epilessia, ma in realtà forse non tutti sanno che – nonostante i progressi della medicina – circa il 30% dei pazienti non risponde ai farmaci e, dunque, non riesce a tenere sotto controllo la malattia. Parliamo di una patologia neurologica complessa che colpisce circa 600.000 persone in Italia e che può insorgere a qualsiasi età, anche se per lo più si presenta durante l’infanzia o in età avanzata.

Una malattia dal pesante corollario socio-economico: secondo le stime costa in Italia circa 900 mln di euro l’anno (si oscilla dagli 800 euro a paziente in caso di epilessia ben controllata ai 1.800 per le forme resistenti, fino ai 4-5.000 euro per chi va incontro alla chirurgia). A tratteggiare il quadro di una patologia che si trova di fronte non poche sfide sono alcuni degli specialisti coinvolti nella realizzazione del documento di consenso sull’epilessia focale – la più comune fra le circa 40 forme esistenti – appena pubblicato su “Epilepsy & Behavior”. Il documento è il risultato di un impegno congiunto di 52 esperti, con l’obiettivo di identificare e affrontare le sfide attuali nel trattamento dell’epilessia focale in Italia.

Il documento di consenso, realizzato con il supporto di Ethos – e il contributo non condizionante di Angelini Pharma – mette in luce le tappe che una persona con epilessia deve affrontare per accedere alle cure. Ma anche le criticità e gli ostacoli che complicano la vita ai pazienti e ai loro caregiver.

Mancano operatori (e Centri)

“Si tratta di una patologia complessa, ecco perchè i pazienti dovrebbero essere seguiti nei Centri per la diagnosi e cura dell’epilessia”, sottolinea Oriano Mecarelli, esperto di epilettologia ed elettroencefalografia clinica della Sapienza, past president Lice (Lega Italiana contro l’Epilessia). Ma c’è un problema. “Mancano gli operatori, non solo medici ma anche gli infermieri dedicati e i tecnici per eseguire gli esami. Inoltre i Centri non sono distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale: le carenze si localizzano soprattutto al Sud”. Insomma, la teoria si scontra con la realtà. “Se l’86% dei partecipanti ritiene che ogni Regione dovrebbe avere un Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale (Pdta) per l’epilessia, attualmente questo è presente solo in 5 regioni”, precisa Mecarelli.

Quando il bambino cresce

C’è poi la sfida legata al passare degli anni. “Quello nella malattia è un viaggio, ed è importante definirne le tappe alla ricerca del trattamento più adatto, efficace e con il minor numero di effetti collaterali possibili. Dobbiamo dire che sono ancora pochi i trial sui farmaci per l’epilessia effettuati su pazienti pediatrici. Un problema, come anche quello del momento in cui il bambino diventa grande e, alle sfide legate allo sviluppo psicosociale, si sommano quelle del passaggio a un diverso specialista”, riflette Federico Vigevano del Dipartimento di Neuroriabilitazione Pediatrica dell’Irccs San Raffaele di Roma.

Quando le terapie non funzionano

“Il monitoraggio regolare delle persone con epilessia è parte integrante del percorso per valutare l’efficacia del trattamento. Ma la lunghezza delle liste di attesa rappresenta un serio problema”, ricorda Simona Lattanzi dell’Università Politecnica delle Marche di Ancona. Quando poi falliscono almeno due tentativi di regimi anticrisi, “è coerente pensare a un’ulteriore opzione di trattamento. Bisogna dire che finora i nuovi farmaci non hanno avuto impatto tanto sull’efficacia, quando sulla tollerabilità, ma le cose sembrano essere in parte cambiate con le ultime molecole arrivate sul mercato”.

In ogni caso il 30% delle persone con epilessia non raggiunge il controllo ottimale della malattia, stando ai dati attualmente disponibili, come sottolinea Giancarlo Di Gennaro, direttore del Centro Epilessia presso l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli. Cosa fare, allora? “È opportuno esplorare altre opzioni terapeutiche, come terapie di terza linea. C’è poi la chirurgia: secondo le stime vengono trattati nei Centri circa 300 pazienti l’anno nel nostro Paese, a fronte dei 7-8mila che potrebbero essere sottoposti a questo tipo di intervento”.

Insomma, le sfide sono ancora molte sul fronte delle cure e della ricerca. Ancor di più se si guarda la situazione con gli occhi dei pazienti. Un aiuto potrebbe arrivare dall’impiego dei Patient-Reported Outcomes (PROs) per valutare la qualità del servizio e della cura. “Le indagini basate sugli esiti riferiti dagli assistiti sono un fattore fondamentale per la personalizzazione del trattamento, perché contribuiscono a delineare il percorso di cura ideale identificando sia eventuali inefficienze del sistema che le aree di miglioramento”, ricorda Matteo Scortichini del Ceis dell’Università di Roma Tor Vergata. Ma, come dicevamo, dalla teoria alla pratica il passo è ancora lungo nel caso dell’epilessia.

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